IL FILO COMUNE CHE LEGA IL GOVERNO MELONI E L’AMMINISTRAZIONE VALENTINI
Nell’atteggiamento, nel linguaggio, nel modo di porsi ancor prima che nei programmi e nella visione del mondo sembra esistere un filo comune tra la destra nazionale della Presidente Meloni e la sua ramificazione territoriale guidata dal moderato Valentini.
La prima analogia è quell’atteggiamento di superiorità valoriale nei confronti di chi li ha preceduti: “con noi l’Italia a testa alta in Europa nel nome dell’interesse della Nazione”, “anteporremo sempre l’interesse della Nazione a quello di parte” è ciò che ripete come un mantra la Presidente Meloni. “Noi saremo onesti e a disposizione dei cittadini” ripeteva sempre Valentini. Queste affermazioni sembrano una latente accusa a chi li ha preceduti come se, solo le destre e la loro capacità politica sia in grado di difendere gli interessi nazionali o di essere onesti. A questo aggiungiamo che non si può mettere in discussione l’operato di chi amministra o governa: l’essere maggioranza comporta automaticamente una sorta di intoccabilità e inattaccabilità, lo abbiamo visto subito sulla questione delle armi nell’atteggiamento del ministro Crosetto nei confronti di Conte definito “bullo di quartiere” e lo vediamo spesso in Consiglio Comunale con le risposte insofferenti e stizzite della Vicesindaco Annibali alle questioni che la minoranza pone.
Un altro aspetto che possiamo definire di congiunzione tra livello nazionale e livello locale è la descrizione di un paese mal governato e in decadenza, una nazione che la destra con i propri ideali, valori e competenze, finalmente riporterà agli antichi fasti. La presidente Meloni ha circoscritto la comparsa dei problemi odierni agli ultimi dieci anni periodo del suo “aventino” all’opposizione, come se dal 1994 in poi la destra non avesse mai governato, come se lo sfacelo del nostro paese non fosse figlio anche del Berlusconismo di cui lei e molti membri del suo governo sono stati protagonisti, come se molte figure di rilievo che guidano con lei il paese non avessero governato negli ultimi anni, come se molte regioni non siano governate da decenni dalla destra, come se la situazione dell’Italia non sia anche una conseguenza di un capitalismo sempre più spregiudicato, sistema economico le cui contraddizioni non sono assolutamente messe in discussione dalla destra conservatrice italiana e dalle politiche economiche che si prefigurano.
In maniera abbastanza provinciale e sguaiata Valentini e la sua Giunta fanno un ragionamento simile: l’analisi e la soluzione dei problemi di un territorio fortemente in difficoltà come quello di Gualdo Cattaneo viene limitata al nostro Comune. Sostanzialmente si colpevolizza solamente chi l’ha preceduti ad amministrarlo, senza mai provare a dare una lettura generale delle questioni e senza allargare lo sguardo al di là dei nostri castelli.
A Roma gli spazi di manovra in ambito economico e per l’attuazione del Pnrr saranno stretti. Per quanto riguarda atlantismo, armamenti, guerra e le scelte macroeconomiche la continuità con il passato è certo, alla faccia dell’opposizione dura fatta fino ad oggi. Ci sarà bisogno quindi di interventi spot identitari sul solco del credo Dio, Patria e Famiglia in settori più circoscritti. Sull’altare dell’alternativa, del cambiamento e della propaganda verranno sacrificati i migranti, i percettori del reddito di cittadinanza e probabilmente ci sarà una revisione in senso restrittivo di diritti civili. Del resto la narrazione della destra di governo e di opposizione costruisce da sempre il proprio consenso nella pericolosa contrapposizione tra ultimi e penultimi. Il tutto condito dal tentativo di stravolgere l’impianto politico istituzionale del nostro paese con un mix tra presidenzialismo e autonomia differenziata. Oltre a minare alla base l’impianto democratico costruito dai padri costituenti, si rischia di dividere ancora di più un paese già lacerato da disuguaglianze e contrapposizioni.
È probabile quindi che, così come sta accadendo in ambito locale, anche a livello nazionale il cambiamento sarà di facciata e simbolico. A Gualdo Cattaneo, se si esclude qualche provvedimento spot su natalità e bonus per la scuola, nell’amministrazione dell’ordinario tutto sembra senza sussulti nel solco di una triste e monotona burocratica continuità con il passato mentre, per le ingenti somme che potrebbero ricadere sul territorio grazie ad una politica espansiva a livello internazionale (Pnrr su tutto), c’è più di un dubbio sul fatto che gli investimenti che si stanno pianificando siano in grado veramente di rilanciare una zona marginale e di invertire la rotta della decadenza.
Destra locale e nazionale sembrano essere affette entrambe da un’eccessiva ansia da prestazione, che porta ad annunciare a Gualdo Cattaneo, anche in maniera pomposa e stucchevole, come fatte opere di cui nella pratica non vi è traccia (Centrale Enel, scuola, asili, servizi territoriali per i cittadini, servizi sociali) e porta a Roma l’emanazione frettolosa di provvedimenti sguaiati, senza senso o urgenza e propagandistici come quello che viene erroneamente denominato “decreto rave” o come gli sbarchi selettivi dei migranti dalle navi delle ONG.
Questi atteggiamenti e le difficoltà che arriveranno, le molte promesse che non potranno essere mantenute, l’assenza nell’agenda di governo della questione salariale, dei diritti del lavoro, della lotta alla povertà, di una vera rivoluzione ecologica, della giustizia sociale e del rilancio della sanità e del trasporto pubblico, creeranno spazi d’azione per tessere, ricucire e ricostruire. Non tanto alleanze e cartelli elettorali come qualcuno vorrebbe fare sia a Gualdo che a Roma ma battaglie sociali per riorganizzare un’alternativa vera. Ma quella della sinistra è un’altra storia e avremo modo di parlarne.
[*] Immagine in evidenza: “I politicanti nel parco delle Tuileries” di Louis Leopold Boilly