LA DIS-UNIONE DEI COMUNI
Nell’Italia dei campanili, l’esperienza dell’Unione dei Comuni “Terre dell’olio e del sagrantino” sembrava una vera favola: 8 piccoli comuni che mettono insieme sforzi e risorse per intessere una rete di collaborazione intorno a una serie di servizi fondamentali, così da far fronte ai continui tagli imposti dal potere centrale. Riduzione dei costi, qualità del servizio senz’altro migliore di quanto non sarebbe stata se ognuno fosse rimasto per sé, insomma, una bella prova di lungimiranza da parte della pubblica amministrazione. Peccato però, che il lupo perda il pelo ma non il vizio e questo piccolo capolavoro di politica territoriale a “chilometro zero” rischi di non riuscire a celebrare il suo 15° anniversario, che cadrà proprio il 29 settembre di quest’anno. A quanto pare infatti, le cupe nubi del separazionismo hanno cominciato già da qualche mese ad addensarsi sopra i cieli dell’Unione e all’interno di più di un consiglio comunale sono emersi rumorosi mal di pancia. E pensare che, se andiamo a stringere, il passo più concreto e significativo di tale intesa ha preso forma solo nel 2013, quando i comuni di Gualdo Cattaneo, Giano dell’Umbria, Massa Martana, Montefalco e Castel Ritaldi hanno deciso di unificare il servizio di polizia locale. Iniziativa alla quale hanno aderito in un secondo momento anche i restanti tre membri del raggruppamento: Campello sul Clitunno (2014), Trevi e Bevagna (2015). A ben vedere dunque, è bastato che dopo anni di slogan e iniziative per lo più legate all’ambito della promozione turistica si sia provato a passare all’azione, perché potesse emergere in tutta chiarezza quanto in realtà sia difficile programmare un futuro insieme agli altri. Dopo pochi mesi dall’adesione al sistema di una polizia unificato infatti, il comune di Bevagna ha già espresso il desiderio di uscire non solo dal servizio, ma dall’intero progetto di collaborazione a causa della troppa eterogeneità dei territori e dei rispettivi bisogni. Sulla sua scia inoltre, anche il comune di Montefalco ha sollevato perplessità sul servizio in questione, mentre il consigliere del comune di Giano dell’Umbria, Barbarito, non ha perso tempo a lanciare il proprio anatema sull’intero progetto, a suo dire un disastro completo.
Lungi dall’esprimere giudizi affrettati e tranchant, ciò che occorre è non perdere di vista l’intento di fondo che presiede a tutto questo. Che ci piaccia o no siamo in un periodo di forte deprivazione economica per quanto riguarda gli enti locali, i più colpiti, insieme alla sanità e all’istruzione, dalle continue sforbiciate di un governo che le prova tutte per ritrovare il bandolo di una matassa che pare farsi via via sempre più sfuggente. Al punto che sempre più spesso le piccole realtà sono costrette a valutare fusioni e accorpamenti nel tentativo di risollevarsi da condizioni economiche a dir poco complicate; si pensi ai servizi dello scorso numero dedicati proprio all’accorpamento dei comuni di Gualdo cattaneo e Giano dell’Umbria. In uno scenario come questo, esperienze di collaborazione come quella avviata nel 2001 costituiscono non solo una straordinaria opportunità, ma anche un segnale molto forte per il potere centrale. Se le piccole amministrazioni danno prova di saper collaborare, di saper accettare l’inevitabile mole di compromessi che esige, non dico ogni esperienza condivisa, ma più intrinsecamente ogni disegno politico degno di tal nome, gli sforzi fatti negli anni passati genererebbero frutti ben più preziosi di quanto immaginato. Perché salvaguardare l’efficienza dei servizi senza trovarsi a restringere gli spazi per esercitare il potere politico dei cittadini, di questi tempi, sarebbe una conquista straordinaria. Sarebbe l’opportunità per dimostrare ancora una volta che a ridurre le istituzioni si ottiene solo una maggiore possibilità di controllarle, nel bene e nel male che questo comporta, ma soprattutto, che non è unificando le prospettive in maniera forzata che si forma una comunità coesa.