Nuova PAC: la sfida per il futuro delle aree rurali
Il 1° gennaio 2023, finalmente entrerà in vigore la cosiddetta Nuova PAC, o meglio il nuovo Piano Agricolo Comunitario che sancirà le linee guida dello sviluppo rurale – in Italia come in tutti gli altri Paesi membri dell’UE – fino al 2027. Il primo dopo che il dibattito sul cambiamento climatico ha assunto portata globale, il primo dopo l’adozione del Green Deal Europeo, cioè di quel piano che proietta tutta la Comunità europea non solo verso la neutralità climatica entro il 2050, ma soprattutto verso un nuovo approccio al mondo in cui viviamo. In un simile contesto, le politiche agricole non potevano che rivestire un ruolo di primissimo piano, è quanto emerso dalle prime analisi della nuova programmazione conferma le attese: l’agricoltura del futuro sarà sempre più parte integrante dell’ecosistema, anziché una minaccia alla sua integrità. Andiamo con ordine.
Come ormai sarà noto a molti, la gestione dei soldi destinati ai piani di sviluppo rurale sono in capo alle regioni. Da qualche tempo è disponibile la bozza del CSR per l’Umbria 2023-2027, cioè di quel documento all’interno del quale la regione si impegna a spiegare come programma il Completamento dello Sviluppo Rurale. Per il prossimo quinquennio le risorse sono ingenti 535 milioni di € (circa il 4% dell’intero dotazione nazionale), dei quali il 42,5 % (oltre 220 milioni) derivante da fondi UE e solo il 17% (quasi 90 milioni) in capo alle casse regionali. Tuttavia, non sono tanto le cifre assolute a destare la nostra attenzione, quanto alcuni passaggi chiave che potranno giocare un ruolo decisivo nel ridisegnare l’intero comparto agricolo dell’Umbria. Il più importante è senz’altro il seguente: «Almeno il 43.16% delle risorse saranno assegnate agli interventi che concorrono agli obiettivi per ambiente e clima»; cioè oltre 194 milioni di € che verranno impiegati per cominciare a riavvicinare le pratiche agricole alla dimensione naturale. Un’opportunità senza precedenti, che se sommata a quella rappresentata dai quasi 150 milioni da investire per rilanciare le aree rurali, fa sperare nell’avvio di una fase nuova per tutta la Regione.
Nella sua struttura interna il Piano si articola in 3 Obiettivi generali :
1 -Promuovere un settore agricolo intelligente, resiliente e diversificato;
2 -Rafforzare la tutela dell’ambiente e l’azione per il clima;
3 -Rafforzare il tessuto socioeconomico delle aree rurali.
Al di là dei vari tecnicismi, riguardo ai quali non è difficile trovare numerosi articoli, soprattutto attraverso i canali delle associazioni di categoria e alle inevitabili criticità che esso porta con sé, ciò che più ci pare interessante qui è ragionare sulla grande attualità e la conseguente spinta innovatrice riposta in questo piano. I punti 2 e 3 come anticipato, si pongono come un vero trampolino di lancio sia verso lo sviluppo sostenibile sia verso uno stile di vita più integrato con il territorio e perciò in grado di reagire meglio alla sfida climatica. I concetti chiave intorno ai quali ruoterà questo nuovo approccio green dell’agricoltura umbra sono: Architettura verde, Eco-schemi e Investimenti verdi. Al di là dell’altissimo carattere strumentale della terminologia, che (come abbiamo visto qui) tanto facilmente apre al fenomeno del greenwashing, vale la pena soffermarsi un attimo a comprendere quale visione si apra dietro queste espressioni. L’intento è chiaro: riprogettare il sistema agricolo alla luce dell’esigenza di farne accrescere il peso economico iniziando a ridurre il suo impatto ambientale, anzi, dove possibile, iniziando a integrare le due esigenze all’interno di un percorso unico. Per questo parlare di architettura verde significa iniziare a pensare a un paesaggio frutto tanto dell’attività antropica quanto della presenza di una natura capace di evolversi in contesti quanto più autentici possibile (gli eco-schemi appunto), in coabitazione con l’attività agricola, che per secoli di tali processi è stata compagna e custode. Il tutto però non con l’intento di ripristinare una mai esistita età dell’oro in cui la natura offriva spontaneamente i propri frutti, ma affiancando capacità di osservazione e comprensione delle dinamiche naturali, prima sottovalutate o considerate palesemente ostili ma oggi riscoperte come risorsa preziosa; all’applicazione di tecnologie via via sempre più sostenibili. Così siepi naturali, fossati incolti, colture a perdere e inerbimenti delle colture arboree diventano non tanto semplice oggetto di contributo (gli investimenti verdi), quanto espressione di un nuovo approccio al lavoro agricolo, più attento alla salute del suolo e alla tutela delle risorse che la natura mette a disposizione, anziché alle sole esigenze economiche. Le quali, ovviamente rimangono centrali, ma con l’acquisita consapevolezza che danneggiare l’ecosistema per guadagnare un po’ di più oggi, sul medio termine (perché ormai non si può più parlare di un lungo termine) potrebbe portare perfino all’impossibilità di proseguire l’attività agricola a causa dell’eccessivo impoverimento del suolo o della scarsità di risorse idriche. Per non parlare del ruolo fondamentale giocato dalla biodiversità per mantenere l’equilibrio dei sistemi agroforestali e dagli insetti impollinatori perché possa esserci un futuro per la natura così come la conosciamo.
Ecco dunque che , attraverso gli strumenti forniti dall’essere parte di una comunità più ampia, la politica può lasciare per un attimo il suo ruolo di gestore delle emergenze che via via si susseguono in questo nostro straordinario Paese, e tornare a fare quello che dovrebbe essere il suo compito: progettare lo sviluppo futuro di un territorio. L’Umbria, sebbene non sia tutto oro quello che luccica – a prima battuta infatti, sembra che le risorse complessive della PAC siano state dimezzate rispetto al piano 2014-2022, e di misure dirette a ridurre in modo misurabile le emissioni di CO2 non se ne vedono – sta facendo scelte molto chiare su quale sia il futuro che vuole e la congiuntura è più che mai positiva se si pensa anche alle risorse che il PNRR sta facendo arrivare perfino a comunità piccole come la nostra. Mettere a sistema tutto questo panorama di opportunità è una sfida che nessuno può permettersi il lusso di perdere e anche a Gualdo Cattaneo l’amministrazione Valentini non manca di far vedere il suo impegno nell’annunciare molte nuove opere da mettere in cantiere. Una questione però rimane fondamentale quando si parla di fondi e risorse da investire: un conto è vincere bandi e costruire, un conto è riuscire a mettere a frutto quanto si ottiene e trasformarlo in un servizio reale per i cittadini. Qui sta la differenza tra accaparrare e progettare. Qui sta la differenza tra vincere o perdere la sfida per il futuro delle aree rurali.