PNRR: Gualdo Cattaneo idrogeno addio! Prossima fermata Terni
È passato appena un mese dalla pubblicazione della nostra analisi del progetto PRIMA (che trovate qui), e purtroppo, tutti i nodi sono arrivati velocemente al pettine. L’idrogeno a Gualdo Cattaneo non si farà. Non che la cosa desti chissà quale scalpore, come abbiamo avuto modo di analizzare ampiamente, erano molte e molto importanti le criticità che emergevano dalla lettura del progetto presentato alla cabina di regia del Governo Draghi. Una pesante bocciatura che estende i propri effetti ben al di là del nostro piccolo territorio comunale, perché a ben vedere, dell’ambizioso documento pubblicato lo scorso aprile dalla Giunta Regionale con il nome PNRR Umbria 2021-2026, sembra rimasto in piedi poco. Ma andiamo con ordine
È stato pubblicato lo scorso 4 gennaio sul sito della Conferenza delle Regioni il comunicato stampa della Regione Umbria nel quale si annunciava la previsione di realizzare un’importante dorsale ferroviaria tra Umbria, Lazio e Abruzzo, totalmente alimentata da idrogeno verde. Sarà Terni il fulcro del progetto, inizio della tratta e sede del sito per la produzione del combustibile destinato ad alimentare i treni che la percorreranno fino a Sulmona – passando per Rieti e L’Aquila. Come c’era da aspettarsi dunque, la Regione ha deciso di rivalutare le proprie priorità. Cosa che per certi versi è più che legittima ovviamente, non dobbiamo dimenticare che dallo scorso settembre è in atto anche la trattativa per la cessione dell’AST al gruppo Arvedi, e le due cose insieme potrebbero fornire uno slancio enorme per la rinascita della città di Terni. Allo stesso tempo però, tale ripensamento non fa che allungare il già corposo elenco di promesse disattese nei confronti delle aree rurali, non solo della nostra regione, ma dell’intero Paese. E ancora una volta, a Gualdo Cattaneo non resta che Enel a programmare il futuro dell’impianto, la quale tra l’altro, non sta certo perdendo tempo nel portare avanti i propri interessi. Già da qualche tempo infatti ha dato avvio ai lavori di preparazione per realizzare un parco fotovoltaico con annessa cella di accumulo. Ulteriore dimostrazione, qualora fosse stata necessaria, della necessità di mettere in piedi una politica che sappia davvero dialogare per mediare e non solo andare alla ricerca di visibilità. Anche perché allo stato attuale, dei 300 posti di lavoro sbandierati, non se ne concretizzerebbero nemmeno 10.
Poco male verrebbe da dire, decaduto il progetto PRIMA che effettivamente puntava davvero molto in alto, resta ancora quello sullo Smart Farming. Purtroppo, anche su questo fronte, gli eventi hanno preso una piega tutt’altro che favorevole. Delle ben 45 linee d’intervento inserite nel documento PNRR Umbria 2021-2026 (lo trovate qui), che ipotizzavano un impegno economico pari a 3.120.435.475,12 €, per riprogettare completamente l’Umbria e il suo futuro, quasi niente è rimasto in piedi. Lo scorso 16 dicembre infatti, sul sito del Ministero delle infrastrutture e della mobilità sostenibili è stato pubblicato il piano di finanziamento destinato alla Regione Umbria (lo trovate qui) relativamente alle Missioni 2 (transizione ecologica), 3 (mobilità sostenibile) e 5 (inclusione e coesione): appena 455 milioni di € a fronte dei quasi 2 miliardi messi a progetto nel documento di aprile. Fondi tra l’altro destinati quasi esclusivamente all’edilizia e alla mobilità. Elementi che sicuramente devono godere della giusta considerazione per un Paese che voglia riscrivere la portata del proprio impatto ambientale, ma che rimangono dei semplici palliativi di fronte alla portata epocale che dovrebbe avere la politica di oggi. Su questo fronte, di interventi in favore delle future generazioni – come vorrebbe il titolo del pacchetto da cui provengono i fondi europei in questione, il Next Generation EU appunto – se ne vedono ben pochi. Interventi come potrebbero essere, ad esempio, il potenziamento delle reti per consentire al mercato del lavoro di migliorare le proprie performance da remoto così da ridurre le emissioni relative agli spostamenti e, perché no, favorire il reinsediamento nei borghi rurali, oppure la ricostruzione di un’economia di prossimità ; oppure ancora la realizzazione di una filiera del riciclo che possa far fronte all’emergenza rifiuti che anno dopo anno assume una portata sempre più difficile da contenere. Ecco un altro tema sul quale le politiche ecologiste regionali sembrano assumere sempre più i tratti di un mero greenwashing, perché a poco serve chiedere allo Stato di impegnare oltre un miliardo per rilanciare il green in Umbria se poi si delibera la realizzazione di un inceneritore.
Questo è il punto in cui il naufragio dei progetti PRIMA e Smart Farming, inizia ad assumere dei toni potenzialmente sinistri. Nella conferenza stampa che lo scorso 5 gennaio ha fatto seguito alla pubblicazione della delibera di giunta n.2 del 2022, la presidente Tesei e il suo vice Morroni, l’hanno detto chiaramente: il futuro dei rifiuti per l’Umbria è una differenziata al 75% e la costruzione di un inceneritore entro il 2030. Ovviamente, dato lo scalpore generato dall’ufficializzazione della decisione, nessuno si è sbilanciato sulla collocazione dell’impianto, e a poco serve che venga dipinto come un polo di sviluppo sia sul piano occupazionale che su quello innovativo. L’evocazione del modello Copenaghen con la pista da sci, non solo non convince ma a tratti assume le sembianze di una presa in giro. Paragonare la strategia di gestione dei rifiuti della capitale danese, che conta quasi tutta la popolazione dell’Umbria concentrata in appena 88 km2 – per intenderci meno della superficie del comune di Gualdo Cattaneo – alle spalle di uno dei porti più importanti del Nord Europa, alle esigenze della nostra Regione sembra un approccio poco ponderato. Soprattutto per le ripercussioni in termini di impatto mediatico su tutta l’area che dovesse essere interessata dall’operazione. È chiaro che c’è una normativa europea da rispettare, ma questa ci vincola solo a raggiungere almeno il 65% di differenziata e a non conferire più del 10% dei rifiuti in discarica, la scelta di preferire un inceneritore al potenziamento dei sistemi di riciclaggio è tutta in capo ai vertici regionali. A tal proposito il Consiglio comunale di Gualdo Cattaneo ha più volte espresso la propria contrarietà a qualsiasi forma di combustione nell’area dell’ex centrale P. Vannucci, ma quando si tratta di collocare un impianto che brucia rifiuti, è molto difficile trovare qualcuno che si esprima diversamente. L’amministrazione Valentini avrà la forza di tenere il punto di fronte alla trazione leghista della regione se sarà necessario? Probabilmente non ci resta che sperare nel velo di invisibilità che avvolge il nostro territorio. Visto che non c’è modo di ottenere un po’ di considerazione per delle politiche di sviluppo serie, quanto meno che non ci vengano riservate quelle che nessuno meriterebbe.
In ogni caso, sulla vicenda rifiuti si perde l’ennesima occasione concreta di mettere in atto un programma politico che miri a fare dell’Umbria un modello d’eccellenza, in nome della scelta più comoda. Perché è senz’altro questo l’elemento dirimente, non c’è alcuna possibilità di parlare di una chiusura del ciclo dei rifiuti all’insegna della sostenibilità ambientale se si bruciano. Bisogna lavorare per ridurne la produzione e per riciclare fino all’ultimo grammo, questo è innovazione, il resto è solo bla bla bla.
“Proietteremo l’Umbria in una nuova dimensione” ha dichiarato l’assessore Agabiti, e tutti noi ci auguriamo che sarà così. Ancora una volta però, questo futuro si fa sulla pelle delle aree rurali, che promessa dopo promessa, muoiono aspettando una politica che sappia dialogare con i territori; non solo sfruttarli.