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SAGRANTINO E NON SOLO

Dopo un po’ di tempo riprendiamo la nostra rubrica delle interviste, oggi sotto la lente d’ingrandimento vogliamo mettere il vino, uno dei motori economici del territorio che tanto è cresciuto negli ultimi anni. In questo pezzo leggeremo le riflessioni di Giordano Giglioni, tecnico cantiniere della tenuta Colpetrone che festeggia i venticinque anni di lavoro nel settore.

A. Giordano partiamo da te, raccontaci la tua esperienza professionale e spiegaci l’evoluzione della produzione vitivinicola nel nostro territorio

G: Sono perito agrario e da 24 anni lavoro nell’azienda Colpetrone di Guado Cattaneo, controllata di Tenute del Cerro e facente parte del gruppo Unipol, azienda leader a livello nazionale per la produzione di vini con circa un milione e mezzo di bottiglie tra Umbria e Toscana. Collaboro con la Camera di Commercio dell’Umbria, sono iscritto all’albo dei degustatori della Promocamera dell’Umbria, azienda che oltre a perseguire gli obiettivi del sistema camerale in ambito regionale, delibera l’idoneità di un vino ad essere messo in commercio in quanto conforme al disciplinare di riferimento. In questi 25 anni ho visto nel territorio di Montefalco e allo stesso tempo di Gualdo Cattaneo un aumento delle produzioni e della qualità del vino. Possiamo tranquillamente affermare che nella nostra regione, nell’area di Montefalco e nel nostro territorio ci sia stato un salto di qualità non indifferente: le aziende oggi sono circa una ventina e se prima si parlava di piccole aziende, di “chicchette”,ora oltre a qualche piccolo produttore che rimane, ci sono vere e proprie imprese che producono numeri importanti. Tanti grandi produttori del nord sono arrivati in Umbria e a Montefalco. Aggiungo che anche il territorio si è trasformato in positivo dal punto di vista paesaggistico: ora i vigneti a perdita d’occhio sono dal punto di vista scenografico un punto forte, sarò di parte ma penso che le vigne siano uno spettacolo soprattutto nel periodo estivo-primaverile e credo che anche questo, oltre al brend Sagrantino, sia stato un fattore di crescita del turismo.

 

A. Se confrontiamo la produzione odierna di Sagrantino osserviamo che è calata rispetto a quella di venti anni fa al netto della crescita esponenziale della produzione totale di cui ci parlavi. Per alcuni la sensazione è che questo aumento generale di business abbia snaturato la tradizione, la vocazione e l’essenza del territorio, cosa ne pensi?

G. L’Umbria e la zona di Montefalco, quindi anche Gualdo Cattaneo che ne è parte fondamentale, ha puntato molto sul Sagrantino: questo perché deriva da un vitigno autoctono e quindi rappresenta il territorio e la sua tradizione, perché è uno dei vini più potenti in circolazione dal punto di vista tannico e quindi con un potenziale smisurato. Questa è stata a mio avviso un’arma a doppio taglio, all’inizio tutte le aziende hanno puntato quasi unicamente e in maniera eccessiva sul Sagrantino poiché è un vino che ha una fascia di prezzo importante e che è soprattutto impegnativo dal punto di vista del gusto. Oggi c’è stata una flessione, basta aprire qualsiasi guida per constatare che negli anni le bottiglie prodotte, se si escludono le aziende più importanti, sono calate ma a mio avviso la scelta è stata azzeccata. Il Sagrantino resta sempre il vino di punta e di nicchia del territorio ma dobbiamo sempre tenere a mente che ha bisogno di tempo per esprimersi al meglio: il disciplinare prevede 36 mesi di cui 12 obbligatori in legno e quattro in bottiglia anche se in pratica una bottiglia di Sagrantino esprime il suo potenziale dopo 10-12 anni. Il lungo affinamento non va molto d’accordo con le esigenze economiche delle aziende e con le richieste di un mercato sempre alla ricerca di prodotti freschi e pronti da bere. Non dobbiamo poi dimenticare che il Sagrantino esiste anche nella sua versione passita che non può essere vino da grandi numeri. Partendo da queste premesse le aziende del territorio sono state capaci di reinventarsi senza snaturarsi, hanno valorizzato altri vitigni: il Sangiovese, il Merlot e il Cabernet nei rossi acquisiscono delle specificità uniche grazie al territorio del montefalchese (caratteristiche organolettiche dei terreni, esposizioni, sbalzi termici etc.). Nei bianchi il salto di qualità è stato incredibile: grazie al Trebbiano Spoletino e al Greghetto, una volta migliorate le tecniche produttive e di trasformazione delle uve, sono diventate delle eccellenze in un territorio dove prima i bianchi erano quasi un tabù. Anche le bollicine, metodi classici di grande qualità, stanno emergendo permettendo di ridurre gli scarti ottimizzando la produzione dello stesso Sagrantino. L’aumento costante della loro produzione e quindi la diversificazione del prodotto è stata un’arma che ha dato la possibilità alle aziende di sostenersi e crescere generando un valore aggiunto per tutto il territorio.

 

A. In agricoltura e in particolare nella produzione di vini c’è una grande attenzione ad un modello produttivo che sia sostenibile, in questo ambito sembra esserci una grossa ascesa dei vini Biodinamici e molte aziende che utilizzano queste tecniche produttive affermano di fare alta qualità a basso impatto. È possibile fare qualità anche con una produzione “industriale”, passami il termine, come quella delle grandi cantine?

G.: . Nei miei viaggi, con la famiglia o con gli amici, per curiosità e passione ho visitato molte cantine, sia in Italia che all’Estero e posso affermare che a livello impiantistico, di attrezzature per la trasformazione dell’uva ma anche di coltivazione il territorio di Montefalco è tra i più all’avanguardia. A ciò aggiungiamo che da alcuni anni i migliori enologi nazionali e mondiali collaborano con le grandi cantine del nostro territorio. Il vino si fa innanzitutto in vigna ma anche e soprattutto in cantina con la trasformazione del prodotto. Secondo me è per questo che anche le grandi cantine possono essere sia qualitative che quantitative. Per quanto riguarda la modalità di produzione io sono favorevolissimo ad un’agricoltura che sia attenta all’ambiente, penso che lo possa essere l’agricoltura convenzionale se non utilizza prodotti “estremi” e ancor più quella biologica. La tecnica del biodinamico mi trova un po’ perplesso, senza entrare nello specifico empirico e aprire una discussione se ci sia o meno una base scientifica in quella modalità di fare agricoltura e di vinificare, la costatazione personale che faccio riguarda la qualità del prodotto finale: quando beviamo nel bicchiere bisogna portare a mio avviso soprattutto i profumi e molto spesso, i prodotti biodinamici, hanno dei grossi difetti da questo punto di vista.

A. Nel territorio le sinergie per esaltare il vino del territorio tra produttori, ristoratori, operatori del turismo sono secondo te forti o dovrebbero essere migliorate?

G.Come semplice osservatore dei social network o da cliente a Gualdo Cattaneo vedo situazioni contrastanti. Se da un lato tutti gli agriturismi del territorio lavorano per questo “sponsorizzando” il sagrantino e i vini locali, alcuni ristoratori preferiscono fare le loro storie Istagram puntando sul Barolo, Barbaresco, Brunello: scelta lecita, aggiungo che questi vini sono eccezionali, ma questo penso sia un peccato. Credo che ad Assisi, a Montefalco, a Foligno la situazione sia diversa e sembra esserci più voglia di esaltare il Sagrantino e i vini della zona.

A.Leggevo alcuni giorni fa che soprattutto in America ma anche in Italia la moda del vino sta calando tra i giovani; i ragazzi preferiscono altri prodotti, cosa pensi in merito?

G.: Io al contrario vedo che ultimamente i ragazzi hanno una grande cultura enologica. Una passione per il vino in generale ma più specificatamente per quelli del territorio: oggigiorno chiunque va a cena o anche a casa stappa una bottiglia e ne parla, c’è grossa attenzione e fermento. Il Trebbiano, Il Montefalco Riserva e anche il Sagrantino secondo me appassionano i giovani del territorio perché sono ruspanti e “piacioni” proprio come loro. Io li definirei vini scapigliati e questo a mio avviso ci rappresenta tutti ma in particolar modo i giovani sempre indomiti e pieni di vitalità. Aggiungo che secondo me anche i ragazzi dovrebbero esaltare e sponsorizzare di più il prodotto: quando vanno in giro, nelle loro esperienze di scambi culturali con gli stranieri dovrebbero portarsi una bottiglia o semplicemente fare un po’ di comunicazione riguardo all’eccellenza enologica del nostro territorio. Io penso che i rapporti interpersonali, per un prodotto che è soprattutto passione come il vino, sono importanti e possono dare una mano a crescere.

A. In conclusione?

G. Riassumendo voglio riaffermare che se da un lato il Sagrantino non ha forse rispettato le aspettative i produttori sono stati bravi a resistere: nessuna cantina ha chiuso anzi sono aumentate e attraverso la capacità degli enologi, alla professionalità di tutti gli operatori del settore, al miglioramento delle tecniche produttive, alla tecnologia e ad una grande inventiva hanno trasformato la produzione vinicola in una vera eccellenza. A ciò aggiungiamo che oggi le cantine, specialmente a Gualdo Cattaneo, oltre ad essere un motore economico sono anche e soprattutto un plus estetico non indifferente.