Quello che segue è il secondo di una serie di articoli curati da Andrea Cimarelli, che si prefiggono l’obiettivo di approfondire la questione delle aree Interne, qual è la strategia nazionale per questi territori e come la Regione Umbria se ne sta occupando. Con un occhio aperto anche sulle scelte fatte da altri comuni italiani e i risultati che hanno saputo conseguire
In questo secondo appuntamento, è il caso di fare un approfondimento un po’ tecnico, ma comunque necessario per ampliare la visione d’insieme, sui vari livelli di pianificazione della strategia per le Aree Interne e sulle sue ricadute pratiche.
Quando parliamo di strategie territoriali, stiamo parlando di un ambito che, per i Paesi all’interno dell’Unione Europea riguarda le politiche di coesione, cioè un insieme di misure volte a ridurre le disparità di sviluppo fra le regioni degli Stati membri e a rafforzare la coesione economica, sociale e territoriale per una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva (fonte Agenzia coesione territoriale). In questo ambito, si procede per cicli di programmazione settennali all’interno dei quali ogni singolo Stato, negozia con l’Unione un accordo di partenariato che determina quali sono le strategie alla base delle politiche da mettere in atto per favorire lo sviluppo. Attualmente siamo nel ciclo 2021-2027 e già dal 2022 l’Italia ha consegnato formalmente alla Commissione Europea la sua bozza di “Accordo di partenariato per il raggiungimento degli obiettivi strategici” affinché venga approvata in via definitiva e sblocchi la possibilità di accedere ai fondi ad esso collegati. In questo documento, il governo italiano ha fatto confluire anche i punti focali della propria strategia per le Aree Interne (SNAI), sottolineando, almeno nelle intenzioni, il ruolo imprescindibile di queste aree per la conservazione tanto territoriale quanto culturale del nostro Paese. Un riconoscimento che passa attraverso l’individuazione di alcune priorità specifiche che saranno oggetto principale dei bandi che andranno a finanziare i progetti di rilancio delle aree in questione. Su tutte: Istruzione, lavoro e mobilità sono senz’altro i focus principali insieme al contrasto allo spopolamento, all’incentivazione di un’economia sempre più sostenibile (nel senso più ampio del termine) e la digitalizzazione.
Un passaggio cruciale all’interno della procedura di erogazione dei fondi, è riservato alle regioni. Sebbene queste non abbiano la possibilità di accedere direttamente ai fondi, spetta a loro l’onere di individuare e raggruppare all’interno di aree specifiche, i comuni che devono beneficiare dell’accesso a queste risorse. Come visto nel precedente articolo della serie (qui) ci sono dei parametri ben precisi da considerare nel redigere simili valutazioni, ma come la politica spesso ci ha insegnato, i parametri a volte sono più punti di riferimento teorici che non vere e proprie linee di demarcazione. E tra poco vedremo perché.
Per quanto riguarda la Regione Umbria, sin dal precedente ciclo di programmazione, erano state individuate 3 Aree Interne su cui mettere in atto le politiche proprie del settenato 2014-2020: l’area dell’Orvietano, quella del nord-est (area Gubbio) e quella della Valnerina. Chiusa quella programmazione, i parametri per l’accesso di un territorio alla categoria delle aree interne si sono fatti più stringenti (come se nel frattempo le condizioni delle aree marginali del nostro Paese nel frattempo fossero migliorate), ciononostante la Regione Umbria ha avuto la possibilità di sottoporre altre 2 aree alla valutazione di un Comitato tecnico del Dipartimento per le politiche di coesione e per il sud: l’Unione dei comuni del Trasimeno e la Media Valle del Tevere (area Todi).
Ora, perché ho detto che la politica ci insegna l’elasticità dei parametri? Perché nell’impostazione della strategia regionale non mancano aspetti che valicano i parametri. Orvieto ad esempio, è considerata un Polo (cioè un’area adeguatamente servita che perciò funge da punto di riferimento per il calcolo delle distanze necessarie a determinare il grado di svantaggio di un territorio) come Foligno o Spoleto, perciò risulta piuttosto caratteristico il fatto che sia il fulcro di un’area considerata Interna – perché mai gli areali di questi altri 2 poli dovrebbero essere considerati in maniera diversa? L’area della Media Valle del Tevere è quasi interamente attraversata dalla E45 che agevola considerevolmente la possibilità di raggiungere i Poli principali della nostra Regione a differenza di molti altri territori esclusi da questa strategia.
Tutto questo, quando arriviamo a considerare la situazione di Gualdo Cattaneo, riporta al centro quanto sostenuto nel primo articolo, ossia l’importanza per tanti comuni di organizzarsi per trovare soluzioni con le proprie risorse. Un’impresa tutt’altro che facile, ma che s’impone in tutta evidenza quando si rimane intrappolati nei gangli della politica di vasta scala – Gualdo è parte dell’Unione dei comuni Terre dell’Olio e del Sagrantino, la cui candidabilità ad Area Interna è stata respinta perché un numero troppo elevato di comuni che ne fanno parte sono Comuni Cintura, ossia troppo vicini al Polo di Foligno e pertanto non può beneficiare di opportunità cui avrebbe diritto. E non stiamo parlando di opportunità residuali. Nel ciclo 2014-2020 le 3 aree SNAI dell’Umbria hanno visto finanziare 129 progetti per un totale di quasi 18 milioni di euro. Risorse che hanno finanziato il potenziamento dei trasporti e della mobilità sostenibile nell’area di Gubbio, percorsi naturalistici e il miglioramento della qualità della didattica nelle scuole dei piccoli centri nell’orvietano (tra cui percorsi di formazione per docenti che li abituino a gestire percorsi di multiclasse) e riqualificazioni urbane e mezzi di primo soccorso in Valnerina.
Speriamo che le regionali possano aprire gli occhi su tutto questo, in ogni caso, sarà fondamentale che l’amministrazione ei cittadini comincino a rimboccarsi le maniche; la nostra regione ci sta lasciando indietro.