A Cura di RICCARDO TIZZI
Accolgo volentieri l’invito di Andrea Cimarelli, che ringrazio, a collaborare con questo spazio. Trovo lodevole il tentativo di introdurre spunti di riflessione e discussione sul futuro del nostro territorio, anche se a volte si ha l’impressione che tutto ciò non interessi a nessuno.
E ciò è palese a chiunque, io stesso ho sempre faticato ad appassionarmi seriamente e in modo continuato a ciò che mi è più vicino. E questo da una parte perché nella nostra era globalizzata sembra che ciò che è veramente importante sia a Roma o a New York, e non sotto casa nostra. Dall’altra perché ho sempre guardato con diffidenza e sfiducia le istituzioni più vicine, e le persone che ne facevano parte. È davvero curiosa questa nostra illusione ottica per cui crediamo che ampliando lo zoom, ai livelli superiori rispetto a quello comunale, ci sia il magico regno della serietà, della coerenza e dell’onestà intellettuale. Temo purtroppo che non siamo soli…
Questo mio primo post non è altro che di presentazione, ed è rivolto a chi non mi conosce o a chi mi conosce solo di striscio. Ma forse anche a chi crede di conoscermi (incluso io stesso).
Ebbene, non vorrei perdermi a scrivere la mia biografia (non credo di meritarmi Wikipedia), quindi parlerò del mio recente passato, con un focus sulla mia effimera esperienza di candidato sindaco.
Vorrei partire da un dato molto chiaro: sono un elettore e un iscritto del Movimento 5 Stelle. Ciò non vuol dire che non ne riconosca i limiti e gli errori, nonché le personalità discutibili che ne hanno fatto e ne fanno parte. E non vuol dire neanche che io conti qualcosa in questa organizzazione, anzi, sono piuttosto latitante e preferisco tenermi lontano dal settarismo politico (amo passare il tempo con chi mi pare, indipendentemente da come la pensi). Vuol dire che mi riconosco spiritualmente con l’indirizzo che ha preso e sta prendendo, pur con i gravi problemi di cui spero che avremo modo di parlare. E questo indirizzo può essere riassunto in due parole: sinistra legalitaria. Sinistra perché credo che il mondo attuale stia incrementando a dismisura le diseguaglianze, all’interno degli Stati e a livello internazionale. Se volessimo trovare un ennesimo nome all’epoca contemporanea forse potremmo parlare di “età dell’ingiustizia sociale”: riassumendo e semplificando molto, il mondo si sta riempiendo di disperati e la ricchezza si concentra allegramente nelle mani di pochi fortunati. Ma a mio avviso è necessario che la sinistra sia al tempo stesso legalitaria e che ritrovi il rigore morale che dovrebbe caratterizzarla. Troppo spesso si è persa nel buonismo ed ha allentato le maglie per pulsioni libertarie anche comprensibili, ma che hanno contribuito all’affermazione, a destra come a sinistra, di tutta una serie di approfittatori e parassiti, dimenticando che sono proprio gli ultimi ad avere più bisogno di regole. Di quelle regole che impediscono ai potenti di calpestarli. Uno Stato deve fare di tutto per offrire a tutti, se non le stesse opportunità, almeno delle opportunità concrete. Ma deve essere anche abbastanza severo da esigere serietà e da punire chi vuole solo approfittarne. Lavoro nel settore pubblico, e purtroppo tocco con mano ogni giorno di abusi della leggi 104, furbi, assenteisti e parassiti di ogni tipo, nonché cialtroni che sottraggono risorse a tutti. Ora, una sinistra che meriti di chiamarsi tale deve essere inflessibile da questo punto di vista. E l’impressione è che negli ultimi 30 anni non lo sia mai stata a sufficienza.
Ma perché mi sono dilungato in questa introduzione “teorica”? Perché al momento della mia (poi abortita) candidatura a sindaco di Gualdo Cattaneo sono stato calorosamente invitato a nascondere la mia appartenenza politica. Questo avrebbe significato ingannare gli elettori, e un atteggiamento di questo genere è l’opposto di ciò in cui credo. Rivendicare una militanza non vuol dire rinunciare a dialogare con tutti, è ciò che faccio tutti i giorni. Ma vuol dire dialogare a carte scoperte, senza fingere di essere qualcun altro.
A questo punto molti di voi saranno curiosi di sapere il motivo della mia rinuncia, e per spiegarlo partirò dalla fine, da quel goffo comunicato sulle mie pagine social che tanto dolore mi ha causato, solo in parte compensato dalle divertenti storie sul sottoscritto cui ha dato origine. E dico dolore perché ho fatto quello che un “politico” (ok, la definizione è molto inesatta) non dovrebbe mai fare: mentire spudoratamente, parlare di fantomatici problemi personali e professionali che non ho e non ho mai avuto. Ancora mi pento di esserne uscito in quel modo, ma in quel momento appariva come l’unico modo per non infierire su una “sinistra” (anche qui la definizione può suonare imprecisa) che appariva già abbastanza disastrata. Col senno di poi non mi sembra sia servito a granché…
Ora, perché ho rinunciato? Il discorso è più semplice di quanto si creda. Perché avevo accettato di iniziare un percorso che mi era apparso diverso da quello che si stava concretizzando. In primo luogo si parlava di una coalizione fra quattro forze politiche: Partito Democratico, M5S, Idea Civica e Civici Umbri. E già il fatto che ciò non poteva essere esplicitato mi aveva creato qualche fastidio. Il problema si è accentuato al momento della compilazione delle liste: nessuna di queste forze era in grado di proporre candidati già sondati, in modo tale che io potessi valutarne l’affidabilità e la forza. Alcune di esse si sono limitate a propormi liste di persone, per la maggior parte a me sconosciute, che io stesso avrei dovuto avvicinare e convincere. I Civici Umbri, rappresentati da chi qui mi ospita, offrivano solo un supporto nella stesura del programma ma nessuna proposta sulle candidature. Inoltre si andavano creando tensioni, sempre più palesi, fra questi ultimi e le altre componenti. Ora, ditemi voi che tipo di coalizione è quella che non dichiara da subito e con forza quali siano le forze che la compongono, in cui non ci si può sedere tutti allo stesso tavolo a discutere di programma e di candidature, confidando solo in dei foglietti di carta consegnati al candidato sindaco…
Ho provato in tutti i modi e per mesi di coinvolgere persone di fiducia, non appartenenti a nessuna forza politica ma serie e competenti. Ma nessuno ha creduto nel progetto, e non gliene faccio una colpa. A quel punto mi sono ritrovato con il cerino in mano, e piuttosto che apparire un burattino nelle mani di forze politiche con cui comunque rivendico la necessità di dialogare, ma da una posizione di forza e marcando le differenze, ho preferito affrontare l’umiliazione di un comunicato di quel genere e abbandonare l’avventura. E dell’abbandono non mi pento assolutamente.
Un progetto politico deve avere a mio avviso tre componenti fondamentali: idee chiare e concrete su ciò che vuole fare, un metodo forte e coerente e delle persone che incarnino i primi due elementi. Ebbene, posso solo dire che il mio progetto era gravemente zoppo in tutti e tre questi aspetti. Le idee chiare e concrete non c’erano, andavano costruite prima e non affidate al sottoscritto, che fino al giorno prima non si era (quasi) mai occupato di politica a livello locale. Sul metodo ero abbastanza deciso: no ai clientelismi e alle marchette, rigore morale, coerenza e bando alle promesse fasulle. Ma non avevo garanzie che questi principi fossero condivisi da tutti. Sugli uomini (e donne), a parte il candidato sindaco, come ho già detto eravamo in alto mare.
Ed è proprio da questi tre punti che chiunque voglia costruire un’alternativa dovrebbe ripartire, costruendo lentamente ma con costanza una struttura forte. E il candidato sindaco deve essere l’ultimo tassello del mosaico. Quanto a me, non provo al momento un impellente desiderio di tentare altre avventure, soprattutto senza la partecipazione attiva di nuovi soggetti che vogliano costruire progetti seri e a lungo termine. Purtroppo non vedo all’orizzonte grosse speranze, ma ovviamente mai dire mai.