Non monitorato. Questo si legge sulla mappa che descrive lo stato ecologico dei fiumi umbri dal 2015 ad oggi quando si vada in cerca del torrente Puglia. Non monitorato, non ci interessa, fine della storia. Eppure, con i suoi 30 km di lunghezza, che si snodano attraverso i comuni di Giano dell’Umbria, Gualdo Cattaneo e Collazzone, prima di confluire nel Tevere, è tra i primi 20 corsi d’acqua della regione. Come si può giustificare una simile scomparsa da ogni percorso di controllo?
I fattori sono senz’altro molteplici. Il primo va ricercato nel grave male dei nostri tempi: l’ipocrisia, in cui tutti davanti alle telecamere si dichiarano votati alla green economy e alla tutela ambientale, ma quando conta preferiscono sempre contare i voti che l’impronta ecologica. Una situazione colta con straordinaria efficacia dalla giovanissima attivista dei Fridays for future, Greta Thunberg in occasione dello Youth4Climate, l’appuntamento dei giovani attivisti per il clima tenutosi un paio di settimane fa a Milano. Lì il suo bla bla bla rivolto ai governi di tutto il mondo non solo è diventato virale, ma ha anche messo in chiaro che non ci sono parole che reggano di fronte all’impietoso giudizio dei fatti. Un giudizio che passa anche da scelte come quella dell’ARPA Umbria, che in un periodo in cui la sensibilità ambientale si avvicina ai suoi massimi storici, esclude dai monitoraggi sulla salubrità delle acque superficiali ampie fette del territorio regionale. Alvei fluviali che fino a meno di un decennio fa erano parte integrante della Valutazione dello stato ecologico e chimico dei corpi idrici fluviali dell’Umbria, il report con cui ogni triennio si dava conto dei dati raccolti.
In questo scenario, che non si può nemmeno dichiarare influenzato dal ridimensionamento economico dell’ente, poiché i bilanci disponibili online parlano in maniera abbastanza chiara di un incremento delle risorse complessive, solo un altro fattore, al di fuori del giudizio di eccessiva marginalità attribuito al nostro territorio, può entrare in gioco. La chiusura della centrale Enel P. Vannucci di Bastardo. L’impianto, in riserva fredda dal 2011 al 2016 (poi prorogata al 2019) infatti, era dotato di un proprio impianto interno di monitoraggio delle acque del torrente, a valle degli scarichi da cui reimmetteva in circolo le acque risultanti dalle proprie attività. Questa stazione era quella utilizzata dall’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale per tenere sotto controllo la condizioni dell’intero corso d’acqua. Scelta per altro non del tutto da criticare, poiché ha permesso di certificare con chiarezza che almeno a livello idrico, l’impatto dell’impianto dal 2008 in poi non ha compromesso gli equilibri del bacino su cui insisteva.
Tuttavia, alla chiusura dell’impianto, nessuno ha ritenuto opportuno installare una stazione di monitoraggio sostitutiva, magari più a valle, dove avrebbe potuto verificare anche l’impatto delle coltivazioni del tabacco. Anzi, il Puglia è definitivamente uscito anche dai percorsi di campionatura straordinaria. Eppure qui confluiscono gli scarichi di diverse cantine, un pastificio, un mangimificio, una delle più grandi malterie d’Italia, ben 2 zone industriali. I fattori di rischio sono tutt’altro che assenti. Questo senza contare che già nel 2013 il torrente era classificato come “probabilmente a rischio” peggioramento dagli indici che ne analizzavano lo stato ecologico (mai oltre la sufficienza) e quello chimico (sempre buono contro ogni aspettativa). Far sentire la propria voce è un dovere al quale le amministrazioni di questi territori non possono e non devono più sottrarsi. Questo torrente ha da sempre costituito un punto di riferimento fondamentale per l’agricoltura nei campi che lo lambiscono, non solo a livello agroindustriale, ma anche di orticoltura domestica. Per non parlare dell’approvvigionamento idrico per il bestiame.
L’ambiente, ancora più che la politica, influenza la tua vita anche se a te non interessa niente di lui, ma stavolta, il prezzo da pagare sarà senz’altro più salato di un mal di pancia post elettorale, e quel che è peggio, cadrà sulle teste di chi non poteva nemmeno fare qualcosa per contrastarlo. La sfida ci incalza, come l’appuntamento con il futuro e alzare la voce per il Puglia non è diverso dal farlo per qualcosa di più grande.