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IL TRE SETTEMBRE A GUALDO CATTANEO

Ci sono dei momenti che fanno sentire le persone “parte” di qualche cosa, ci sono dei simboli e degli attimi che ai più sono sconosciuti ma che per alcuni valgono emozioni forti e vere: i tamburini, il corteo storico o i carri medioevali che attraversano la piazza piena per chi d’inverno è abituato a viverla deserta, l’esplosione del mortaretto che darà il via all’arrampicata facendo balzare il cuore in gola ai corridori per lo sforzo e a noi gualdesi per l’adrenalina sono due di quei momenti. I tre scoppi che chiudono lo spettacolo pirotecnico sono un altro simbolo per chi è di Gualdo: oltre a dare inizio alla pazza ultima notte della Taverna del Voltone, sanciscono la fine dell’estate. Proprio cosi perché dal quattro settembre a Gualdo Cattaneo, al di la di quello che dice il calendario e il meteo, sarà autunno con quel pizzico di malinconia che contraddistingue la fine della bella stagione, delle vacanze e del clima festaiolo.

Nell’ultimo articolo abbiamo descritto da dove trae origine l’importanza delle giornate del 2 e 3 settembre, racconti che si perdono nei secoli tra mito e realtà(1). Per chi volesse approfondire come sono nate e cosa sono le Contrade, L’Arrampicata e La Taverna consigliamo la lettura del libro “GUALDO CATTANEO” 2° edizione 1962-1984 di Don Giuseppe Boccanera, volume quasi introvabile che dovremmo riscoprire, ristampare e diffondere o il testo di Luciano Brunelli  “DELLE CONTRADE E DELL’ARRAMPICATA – La vera storia fra cronaca e leggenda” reperibile presso la Rocca Sonora o direttamente contattando l’autore.

Se a ricordare la genesi della festa ci pensano quei libri con questo pezzo possiamo provare ad aprire un dibattito su quale sia la strada da intraprendere per far si che una tradizione nata tra il 1974 e il 1976 possa essere tenuta in vita e magari rilanciata anche in vista del compleanno di Gualdo Cattaneo che compirà 1.050 anni nel 2025 e della 50esima edizione dell’Arrampicata (2026).

Le osservazioni partono dal presupposto che quello fatto fino ad oggi è encomiabile, bello e ben riuscito (il buon successo di pubblico di queste sere ne sono la prova): ripartire dopo la pandemia non era semplice e aver trovato un gruppo di persone che si è preso sulle spalle una Pro Loco un po’ malandata è stato sicuramente positivo. A ciò aggiungiamo che l’esuberanza giovanile di una parte del direttivo e la voglia di recuperare il tempo perso con il covid ha aiutato a coinvolgere molti paesani che collaborano e partecipano alla festa oggi più di ieri.

Detto questo però non possiamo nascondere che esistono problemi di collaborazione e partecipazione, ecco quindi che forse la prima domanda che possiamo porci è se l’agosto settembre debba essere organizzato principalmente per noi abitanti di Gualdo Cattaneo o per attirare le attenzioni di avventori esterni e poi vogliamo organizzare dei giorni di pura bisboccia o approfittarne per dibattere e riflettere sul nostro passato e su come rilanciare il paese?

Se si decide per le prime opzioni la cosa è forse più semplice e va bene così: buon cibo, vino e po’ di musica potrebbero essere sufficienti ad aggregare e tenere in vita un evento che richiami almeno per qualche giorno i tanti gualdesi che hanno deciso di andarsene o che lo vivono durante l’anno come un dormitorio.

Se invece decidessimo di tentare il percorso più complicato, provare a crescere iniziando ad  attirare l’attenzione di avventori esterni e provando a costruire il rilancio del borgo, la cosa è sicuramente più complessa ma forse ancora percorribile.

Senza pensare a “grandi eventi” o pseudo tali non attuabili nel nostro contesto la cui vocazione è quella del turismo lento e di nicchia, si potrebbe provare ad organizzare una serie di eventi culturali di alto livello, pensate per esempio ad una serata in cui il Prof. Alessandro Barbero, tanto per fare un nome, ci raccontasse com’era la vita nel medioevo; costruire dei momenti di confronto tra studiosi (sociologhi, economisti, giornalisti, urbanisti, agronomi) che possano aiutarci ad aprire la mente e riscoprire le potenzialità del nostro territorio. Presentazioni di libri scritti da autori di livello Nazionale o a mostre di opere importanti, magari attraverso il coinvolgimento della Galleria Nazionale dell’Umbria.

Tutto ciò andrebbe a braccetto con una nuova cultura della taverna, un luogo in cui mangiare realmente e in maniera certificata a km zero facendo accordi con le aziende locali (allevamenti, agricoltori etc.), un luogo in cui degustare prodotti tipici di tutto il Comune (Porcona de Guallo, Tagliatelle alla pozzolana, Cinghiale e lumache alla pomontina, Cigotto di Grutti) per promuovere le nostre tradizioni e anche per provare ad avvicinare i castelli alla festa del capoluogo. Per fare ciò però non può bastare il volontariato, ci vuole sinergia tra tutte le Pro Loco e l’Amministrazione Comunale che dovrebbe iniziare ad immaginare l’agosto settembre gualdese come l’evento culturale e di promozione del territorio di punta del Comune, al pari di “Porchettiamo”.

Ciò non deve significare rendere la festa noiosa, al contrario è possibile trovare il modo di far convivere divertimento, musica e balli con cultura e buon cibo.

L’altra questione  su cui ragionare riguarda i giorni clou e quindi come e se vanno riformate Arrampicata, Contrade, Corteo Storico e Carri. Purtroppo dobbiamo fare i conti con la drastica diminuzione e con l’invecchiamento della popolazione, con un senso di attaccamento al territorio sempre meno forte e con un numero costantemente più esiguo di gente che collabora per offrire un degno spettacolo. Poche persone per contrada tengono sulle spalle il peso della realizzazione delle imponenti strutture dei Carri Medioevali che sfilano il due settembre, poche persone e con poche risorse organizzano il corteo Storico, trovare giovani Gualdesi aitanti disposti ad allenarsi e sacrificarsi un’estate per correre è sempre più complicato, del resto quando tutti devono fare tutto la voglia diminuisce.

Nel 1975 le contrade sono nate perché facendo leva su campanilismo, spirito di corpo, senso di appartenenza e competizione tra le persone si voleva risvegliare l’apatia dei Gualdesi; lo stesso percorso è stato intrapreso con un’apparente successo nei primi anni nel 2008. Io penso che questo modello, la competizione come motore di crescita, lo stesso che impera nel sistema economico dominante, quello che crea disuguaglianze e benessere solo per pochi  vada messo in discussione.

Continuare a dividere ulteriormente le persone rendendoli parti di mini-tribù, oltre a non educare all’apertura mentale e a coltivare il bene collettivo, rischia di far chiudere per logoramento l’attuale architettura della festa. Perché quindi non provare ad intraprendere la via della collaborazione e dell’impegno collettivo non per il bene di una piccola parte, sia essa Monte Rocca o Pieve ma per la crescita complessiva del nostro minuscolo Borgo? Ha senso sbandierare il proprio vessillo in Taverna fieri di aver vinto l’arrampicata grazie ad atleti di caratura internazionale pagati profumatamente o festeggiare la vittoria del carro più bello mentre stiamo percorrendo una galleria di cui non si vede il fondo?