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Madame e Messeri,

l’edizione 2023 dell’Agosto Settembre Gualdese è appena iniziata e sta già entrando nel vivo. Una manifestazione pluridecennale che affonda le radici nella tradizione, nel folklore, nella storia e nella religione; si rievoca un passato, in cui personaggi illustri hanno intessuto la fitta trama che costituisce la storia del nostro paese, che con rispetto e dedizione traghettiamo nel futuro.

Un fitto programma ricco di appuntamenti, un prezioso corollario alle giornate clou della festa, quelle che ogni gualdese attende per tutto l’anno: il 2 e il 3 settembre. Ma perché queste giornate sono così importanti?

La sorgente della manifestazione è tutta celata nella cripta gotica della chiesa dei SS. Antonio e Antonino in Piazza Umberto I a Gualdo Cattaneo che come uno scrigno custodisce le reliquie dei due martiri e quelle del Beato Ugolino. È da quella cripta e da ciò che contiene che ha origine tutto.

Ce lo racconta lo storico folignate Ludovico Jacobilli. Sant’Antonio e Sant’Antonino, dopo la loro morte per martirio, avvenuta al tempo degli imperatori Diocleziano e Massimiano il 2 e il 3 settembre del 302 d.C., vennero prima sepolti in due luoghi distinti ma non lontani dal castello di Gualdo Cattaneo. Successivamente, per timore che potessero essere trafugati o vandalizzati, le loro spoglie vennero traslate nella chiesa fatta erigere dalla comunità appositamente per ospitarli proprio nel cuore del castello. Era il 2 settembre del 1262. Una lapide del 1635 posta esternamente alla chiesa, ricorda questo evento che venne celebrato al tempo del pontificato di Urbano IV alla presenza di ben sette Vescovi della zona.

La prima sepoltura di Sant’Antonino sembra esser stata in un luogo molto vicino al castello, diversa invece la vicenda per Sant’Antonio. Il Santo, che trascorse la sua vita da eremita su di un colle che poi prese il suo nome (Colle Sant’Antonio) si trovava proprio al confine tra i territori di Gualdo Cattaneo e di Bevagna e proprio lì venne inizialmente sepolto dopo la sua morte. Quando venne eretta la chiesa per ospitare le spoglie dei due Santi, i bevanati osteggiarono in tutti i modi il trasferimento delle spoglie del Santo nel nuovo sacello, anche se Sant’Antonio venne precedentemente nominato protettore di Gualdo Cattaneo. La disputa venne risolta da un intervento divino che lo stesso Jacobilli ci riporta: “stabilì di prendere due Tori indomiti, uno di Bevagna, e l’altro di Gualdo, e l’attaccarono ad un carro, ove posero il corpo di sant’Antonio; rimanendo fra di loro, che ove lo conducessero quei Tori, si havesse a collocare.
Quelli Tori d’accordo, e senza difficultà lo tirarono avanti circa un miglio distante, e più vicino a Gualdo, e fino al luogo, ove ad honore di esso santo fu da’ Gualdesi fabricato un muro, e depintavi l’Immagine di S. Antonio, distesa morta sopra un carro, portato da due Tori, e fino al presente se ne ottengono molte grazie, e se ne vedono miracoli per le sue intercessioni.
In questo sito si fermarono genuflessi alquanto li Tori; e poi levatosi in piedi s’inviarono verso Gualdo, e quindi circa un quarto d’un miglio distante al detto luogo, ove la prima volta si fermarono; e nel sito, che fa tre strade, una che conduce a Bevagna, l’altra alla porta di Gualdo, e l’altra a gli altri Villaggi, ivi li Tori si posarono di nuovo.
S’udirono da tutti sonare da loro stesse a disteso tutte le campane del Castello di Gualdo Cattaneo, senza vedersi chi le sonasse; li Tori udito tal suono, come avessero intelletto, subito presero la via di Gualdo Cattaneo, ivi entrati dentro al Castello, e giunti alla detta Chiesa Matrice, eretta ad honor di quello S. Antonio martire, s’inginocchiarono avanti la porta di essa Chiesa, e quivi si fermarono, né volsero andar altrove, quasi dimostrando che in quella Chiesa doveva collocarsi esso sacro corpo. Conosciuto dalle parti il miracolo, fu senza contraditione posto quel sacro corpo nella Chiesa sotterranea di essa Matrice, in un deposito marmoreo, nel quale pochi giorni dopo nell’istesso anno 1260, fu trasferito il corpo di S. Antonino Martire, che si conservava in una Chiesa eretta a suo honore, mezo miglio distante da Gualdo; ivi anche fu trasferito poco dopo il corpo del B. Ugolino in altro deposito in essa chiesa
”.

Nella stessa cripta sono custodite le spoglie del Beato Ugolino. Di lui purtroppo si hanno poche e scarne notizie. Sappiamo che nacque presumibilmente nella prima metà del Duecento a Gualdo Cattaneo in una famiglia originaria di Bevagna. Fu frate agostiniano, molto attivo durante la sua vita: si adoperò a sostegno della comunità, fu guida spirituale di un gruppo di eremiti, fu priore e fondatore dell’eremo di San Giovanni, nei pressi di Gualdo, chiese e ottenne l’annessione del suddetto eremo alla giurisdizione dell’abazia di Subiaco, che però fu decretata quando il frate era ormai deceduto. Fu un modello di fedeltà alla Regola, di carità, di dedizione verso il prossimo, ricco di virtù e di meriti. Morì il 1° gennaio 1260, anno in cui iniziò la costruzione della chiesa Matrice di Gualdo Cattaneo nella cui cripta fu successivamente trasferito. Venerato dai credenti, non solo della comunità ma anche forestieri, la sua tomba diventa meta di pellegrinaggi e si narra che su di essa si siano ottenute grazie. Il suo processo di beatificazione fu però lento, con lunghi periodi di fermo; l’accelerata la si ebbe nel 1919 quando papa Benedetto XV ne confermò il culto ad immemorabili. Lo si venera nel giorno della sua morte e a inizio settembre, in concomitanza delle celebrazioni degli altri due Santi. Il suo culto è quindi diffuso da secoli e si ha testimonianza d’archivio che già nel 1483 gli statuti comunali prevedevano l’offerta della cera per la festa a lui dedicata il 1° gennaio, nella ricorrenza della sua morte.

È qui che affondano le nostre radici, la nostra cultura, la storia di questa sentita manifestazione, il nostro attaccamento e il nostro più profondo affetto per questa terra e questo borgo a cui siamo, e ci sentiamo, indissolubilmente legati.

È storia che si tramanda da decenni, è sentimento che manifestiamo, è senso di attaccamento che si mette in pratica, che scende tra le strade e le anima.

È speranza, è azione, è attesa, è gioia condivisa.

 

Fonte: L. Jacobilli – Vite de’ santi e beati dell’Umbria – Foligno 1647 pp. 730 e ss.

Sara Trionetti

Sara Trionetti

L’arte e la letteratura mi appassionano da sempre, perciò intraprendo studi classici. L’attaccamento all’Umbria si esprime in ambito accademico con tesi specialistiche legate al territorio, poi in ambito lavorativo, prestando servizio in molti musei della Regione, e infine come guida escursionistica e accompagnatore turistico. Con passione accompagno italiani e stranieri alla scoperta della storia, delle tradizioni, del buon cibo e della natura della mia amata Umbria. I tramonti mi commuovono, il panorama dalle vette delle montagne anche. Le mie giornate sono piene di ore di studio, escursioni con Foresta e sport. Sono cresciuta nel volontariato, attività che ho svolto con impegno e dedizione. Sono una di quelle persone che ha scelto di rimanere perché crede nelle potenzialità di questo territorio.

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