Ora è davvero ufficiale, la centrale Enel P. Vannucci di Bastardo chiude. Dopo tanto parlare e sparlare, in fine lo scorso 29 novembre è stato comunicato dal responsabile Enel Generazione Italia Giuseppe Molina, insieme al vicepresidente di Giunta della Regione Umbria Fabio Paparelli, ai sindaci di Gualdo cattaneo e Giano dell’Umbria, Andrea Pensi e Marcello Bioli, e al presidente di Confindustria Umbria Ernesto Cesaretti, che questo dicembre l’impianto cesserà definitivamente di produrre energia elettrica. Inutile fingersi sorpresi o cercare di suscitare clamore, la cosa era nell’aria già da tempo e anche se lo scorso anno la concessione dell’Autorizzazione integrata ambientale fino al 2023 aveva fatto sperare in un prolungamento dell’agonia, il colosso energetico ha deciso che dopo 49 anni di attività questo impianto ha concluso il proprio percorso. Un percorso fatto di luci ed ombre perché se è vero, checché ne abbiano detto nel corso degli anni passati giornali e riviste, che per decenni la centrale è stata una delle principali fonti occupazionali del nostro territorio, d’altro canto non sono mancati gli attacchi mediatici ed il disprezzo dei comitati ambientalistici. Tutta roba già sentita obbietteranno in molti. Vero. Eppure, ora che il suo futuro si fa più oscuro che mai, sono in molti a chiedersi se non si sarebbe potuto fare di più per “salvare” questa preziosa fonte d’impiego. Prendersela con le istituzioni può servire a ben poco, il sito è proprietà di Enel, ed in quanto tale c’è ben poco che i comuni possano fare per influenzare le sue decisioni. Ciò che invece possono e devono fare è farsi capofila nella promozione di progetti che possano finalmente portare ad accrescere il valore del nostro territorio, sia sul piano economico che su quello ambientale. Perché è proprio su quest’ultimo versante che la questione presenta una faccia oscura decisamente preoccupante. Se è indubbio infatti, che i valori promossi da Enel sulla piattaforma online adibita a raccogliere progetti e iniziative imprenditoriali per la riqualificazione del sito (www.futur-e.it), sono ruotano attorno all’ecosostenibilità e alla collaborazione con enti locali; non va dimenticato che sulla testa della Regione Umbria pende un grave fardello. Si tratta di quella voce del Salva Italia che dallo scorso agosto ci impone l’allestimento di un inceneritore su suolo regionale, con portata annua di 130 000 tonnellate di rifiuti (più di quanti noi se ne produca pertanto sembra scontato che se ne dovranno importare da fuori, verosimilmente da Roma). Ecco; a quanto sembra le caratteristiche strutturali dell’ormai ex-centrale (una ciminiera, un sito di stoccaggio come l’ex-carbonile, un sistema di filtraggio dell’aria, nonché la possibilità di produrre energia elettrica tramite il processo di combustione) sembrano predisporla a diventare uno dei siti maggiormente adatti a tale indegna fine. Sarebbe davvero il colmo se dopo anni di proteste da parte di comitati locali come il Comitato per l’Ambiente di Gualdo Cattaneo (il cui blog è inattivo da quando è iniziata la telenovela intorno alla chiusura della centrale) venisse fuori che ad un presunto male (e dico presunto perché ad oggi non sono disponibili dati che certifichino i danni ambientali che venivano attribuiti alla centrale, anzi, non solo l’ultimo rapporto ARPA del 2009 certifica in maniera netta il rispetto di tutti i limiti di emissione, ma a quanto sembra non sono apprezzabili nemmeno significativi cambiamenti nella qualità dell’aria da quando il polo è inattivo) ne venga sostituito uno indubitabile. Per questo, oggi più che mai, sarebbe opportuno che quei movimenti tornassero a far sentire la propria voce, perché tanto alle istituzioni quanto ai futuri investitori sia chiaro sin da subito che la riconversione dovrà essere l’opportunità per realizzare un polo d’eccellenza che generi opportunità lavorative, e non la scusa per trasformarci nel “mondezzaio” dell’Umbria. Questo territorio merita senz’altro molto di più.