Monte Pelato: il Consiglio comunale dice no all’ampliamento
Si è concluso in occasione dell’ultimo Consiglio comunale dello scorso 28 marzo, l’iter della richiesta di ampliamento dell’area di cava sul Monte Pelato avanzata dalla ditta GMP S.p.a.. Dopo oltre un anno di incontri e di lavoro, la Commissione speciale istituita il 30/12/2022 e composta dal consigliere di minoranza Cimarelli che ne deteneva la presidenza e dagli assessori Brunelli e Gervasi, ha presentato una mozione, poi votata all’unanimità dai consiglieri di entrambi i gruppi, per negare la concessione. Il futuro di Monte Pelato, sarà il riambientamento.
Dei dettagli della vicenda ne avevamo già parlato proprio nel 2022 (qui). In sostanza, la richiesta riguardava un’area di 13 ettari che avrebbe interessato il versante che dà verso la frazione di Torri, cioè uno dei punti più in vista dell’intero territorio comunale. Proprio per capire le implicazioni visive e ambientali del progetto di cava, lo scorso luglio la commissione aveva avuto un incontro con la ditta richiedente che tramite un rendering digitale, un piccolo plastico e la puntuale esposizione di un architetto del paesaggio, aveva provato a spiegare che tutto sommato l’impatto sarebbe stato trascurabile. Stando ai piani esposti infatti, dopo una prima fase che avrebbe portato alla realizzazione di un strada di cava capace di collegare l’attuale sito alla provinciale sottostante, si sarebbe passato al disboscamento della parte inferiore del lotto per posizionare i macchinari destinati alla frantumazione della pietra e solo allora si sarebbe iniziato ad abbassare il fronte della montagna. L’intento era quello di procedere per gradi, disboscare, cavare e man mano che il fronte di cava si sarebbe abbassato, procedere al rimboschimento, di modo che la forbice temporale entro cui il versante rimaneva con la pietra nuda in vista fosse ridotto al minimo. Il tutto era poi supportato da uno schema di percezione visiva secondo il quale, la portata dell’impatto visivo dell’evoluzione morfologica di Monte Pelato, sarebbe stata apprezzabile solo nel raggio di 3km in linea d’aria e comunque avrebbe riguardato solo le aree sommitali delle colline circostanti. Una prospettiva decisamente ottimistica. Contestualmente alla richiesta di ampliamento infatti, la ditta GMP ha acquistato e riattivato parte della cava di Montecchio, nel comune di Giano dell’Umbria, e l’impatto visivo anche solo della strada di cava che è stata aperta nel bosco è apprezzabile anche da Ponte di Ferro, non esattamente 3 km, non esattamente un punto sommitale.
A questa posizione, ha fatto eco anche quella sostenuta dai tecnici della regione in occasione di un altro incontro. Salvo l’aver sottolineato la necessità di tenere sotto controllo le pendenze dei versanti di cava al fine di ottenere un buon livello di ripristino, anhce loro si sono detti favorevoli alla proposta e hanno definito il progetto di cava un “caso scuola” per la sua facilità di attuazione. Aggiungendo tra le righe, che il recupero della parte più vecchia della cava è uno dei migliori al mondo e che sarebbe opportuno dotare ogni comune di una propria cava. Al netto delle opinioni personali dei tecnici però, all’atto pratico non si dava alcun elemento in grado di negare l’autorizzazione a procedere dalla prospettiva della Sezione Risorse Minerarie e Vigilanza della Regione Umbria.
È a questo punto che è entrato in gioco il fattore politico della Commissione, per la nascita della quale è stato senz’altro molto importante il ruolo propositivo giocato dalla minoranza nel sollevare la questione. A dimostrazione del fatto che, nonostante la politica sia stata totalmente estromessa dalla vita sociale del nostro Paese, quasi come fosse un morbo pensare seriamente a come far evolvere il futuro di un territorio in maniera collettiva e condivisa, essa continua a giocare un ruolo decisivo in tanti aspetti. Spesso non percepiti perché poco interessanti o poco comunicati, ma pur sempre capaci di generare un impatto sulla vita delle persone. Ecco, senza la volontà politica espressa dalla Commissione speciale nella mozione e poi ratificata da tutto il Consiglio, un’apparentemente poco interessante richiesta d’ampliamento avrebbe portato nella vita di tutti gli abitanti del comune di Gualdo Cattaneo la distruzione di 13 ettari di un ecosistema boschivo all’interno di un ambito di salvaguardia e l’incremento del traffico pesante su una rete stradale dove la tenuta degli asfalti non è certamente ottimale. Perché è qui che sta il senso dell’amministrare un territorio: analizzare le opportunità, comprenderne al meglio le possibili implicazioni future e a quel punto agire in conformità a ciò che si ritiene più giusto. Questa vicenda, se possibile mette in luce anche un aspetto ulteriore, la condivisione del percorso. In questo mondo politico fatto solo di schieramenti e contrapposizioni si è totalmente estromessa la dimensione del confronto fra parti. Un momento che chiaramente può portare allo scontro e anzi, inevitabilmente spesso lo fa, ma è anche attraverso il conflitto che si contribuisce a condividere un percorso. Se questo è vissuto come momento costruttivo. Capire le ragioni degli altri ci mette in condizione di mettere alla prova anche le nostre e, se necessario, di modificarle o camabiarle. L’intelligenza, politica e umana di ciascuno, sta nella capacità di mettersi in discussione e, dove possibile, costruire un percorso condiviso per dare forma a qualcosa di più importante di una vittoria politica; cioè al futuro di un territorio.
La richiesta di ampliamento della cava di Monte Pelato, è stata molto più di una semplice pratica urbanistica, è stata un’occasione per progettare un pezzo di futuro del territorio in maniera condivisa fra i rappresentanti di voci ed esigenze diverse. Se però sarà anche l’inizio di un percorso di partecipazione politica che avrà il coraggio di tornare in mezzo ai cittadini per ascoltarli e offrire spazi di partecipazione reale, questo dipenderà non solo da chi sarà chiamato a governare, ma dalla coscienza politica di tutti quelli che amano questo posto. Di tutti quelli che vogliono immaginarsi parti attive del suo futuro. Anche per il recupero della cava di Monte Pelato.