A CURA DI ALESSANDRO PLACIDI E ANDREA CIMARELLI
Che fisionomia avrà il Monte Pelato e quale sarà l’impatto paesaggistico e ambientale in termini d’inquinamento, di consumo del suolo, dello sfruttamento delle risorse naturali se, come da richiesta pervenuta al Comune di Gualdo Cattaneo da parte della GMP di Marsciano, verrà ampliata l’area di coltivazione di cava sul versante del monte verso la frazione Torri invece di essere chiusa?
L’amministrazione Valentini, in primis lo stesso Sindaco e a seguire l’Assessore Brunelli, la Giunta e il Consiglio Comunale non potranno esimersi dal decidere se, in continuità con quanto fatto dal Pd in passato, verranno accolte le richieste della ditta di Marsciano o si dirà basta allo sfruttamento della montagna e si percorrerà una strada alternativa per il recupero dell’area. La decisione dovrà naturalmente essere condivisa con il Governo Regionale le cui competenze regolano il settore minerario. Ecco quindi che la destra locale si troverà subito davanti ad un dilemma politico e identitario. “Non disturbare chi vuole fare” come pronunciato dalla Presidente Meloni nel suo discorso alla Camera dei Deputati e mettere subito in pratica sul nostro territorio il rilancio in chiave moderna del Lassez Faire, in una visione impreso centrica del mondo in cui si dà per assodato che le aziende, anche quando si parla di temi ambientali, non vanno disturbate attraverso i lacci e i lacciuoli della legge e delle regole o valutare, in nome dell’interesse collettivo, la possibilità di negare ad un’impresa di svolgere la propria attività.
L’attuale sito di cava è in essere grazie all’autorizzazione emessa dal comune di Gualdo Cattaneo il 13/10/2011. Quell’atto è stato il culmine di un processo iniziato dalla Gmp nel 2006 che ha visto coinvolti nel tempo i vari livelli istituzionali quali Regione e Provincia. L’autorizzazione (della durata decennale ma prorogata di un anno nel 2021) aveva varie prescrizioni emesse con delibera regionale dirigenziale nr. 4848 del 04/07/2011 e in linea con la legislazione regionale di riferimento. In pratica lo sfruttamento del giacimento può avvenire se allo stesso tempo si ottempera a determiniate limitazioni, in primis un totale estraibile di 350.000 mc e poi varia azioni atte a mitigare l’impatto ambientale del sito produttivo. Su tutte azioni di rimboschimento e rinverdimento dei fronti degli scavi, monitoraggi ambientali (rumore, polveri, rifiuti, atmosfera), garantire la funzionalità idrica dell’area e coinvolgere la sovraintendenza per i beni culturale in caso di ritrovamenti archeologici (una parte dell’area si trova in una zona con rilevante interesse archeologico per la presenza di strutture murarie pertinenti ad un antico castelliere). È chiaro che, rileggendo gli atti del tempo, pur nei limiti delle prescrizioni imposte, si era instaurato tra l’amministrazione allora a guida Pd e la Gmp la medesima visione nello sviluppo urbanistico e nello sfruttamento delle risorse minerarie di Monte Pelato.
Pochi anni dopo l’emissione dell’autorizzazione, in fase di redazione del Piano Regolatore Generale, la ditta Gmp ha fatto osservazione al nuovo piano di sviluppo urbanistico chiedendo l’ampliamento dell’area di cava oltre i limiti che l’amministrazione stava stabilendo. Nel 2017 dopo il beneplacito dell’apposita commissione tecnica per la qualità ambientale e il paesaggio [1], in Commissione Consiliare prima (Favorevoli Bellachioma, Cola e astenuti Profidia della destra) e in Consiglio Comunale poi (favorevole e compatta la maggioranza Pensi, contrari la destra con Massimi e Antonini e il M5S rappresentato da Cerquiglini) la visione del centro sinistra gualdese e della Gmp combaciarono per la seconda volta e, si approvò la variante in cui veniva ampliata la potenziale area di cava di 33.048mq.
Oggi dato che il Piano Regolatore Generale con il cambio di amministrazione è fermo ai box e si va avanti a varianti, visto l’imminente esaurimento della cava, della quantità estraibile e della scadenza dell’autorizzazione, al fine di proseguire l’attività la GMP di Marsciano richiede un “ampliamento dell’accertamento del giacimento della cava di Monte Pelato che riguarda una superficie di 12,97 Ha” nel versante boscato del monte verso la frazione Torri.
Il rapporto preliminare di Vas fornito dal proponente [2], descrive una situazione migliore all’indomani della variante e dell’ampliamento della cava rispetto ad ora (meglio una cava che l’attuale bosco e montagna!), proprio come nel 2017 affermava l’allora assessore Cola in Consiglio Comunale [3]. Sarà veramente così? Le prescrizioni fino ad oggi richieste sono state attuate? È possibili creare sviluppo e salvaguardare il lavoro senza porlo in antitesi con i temi di salvaguardia ambientale e paesaggistici come viene spesso fatto nel nostro paese?
La verità è che le variabili sono molte e solo un’attività di progettazione fortemente proiettata al futuro di un territorio può riuscire a offrire soluzioni reali. Quando si discute di cave in Italia infatti, si parla di una materia che è ancora normata da un Decreto Regio di Vittorio Emanuele III del 1927, che poi a partire dal 1977 è stata data in mano alle Regioni, senza però che nel tempo sia emersa una strategia nazionale a indicare una rotta comune. Mancanza che ad oggi, per un settore che coinvolge il 21% dei Comuni Italiani, non solo genera per le casse pubbliche introiti del tutto risibili, ma si lascia alle spalle un cimitero che conta 14.000 siti abbandonati [4] e spesso senza alcuna prospettiva di recupero. La regione Umbria ad esempio, per esercitare i diritti estrattivi prevede il versamento di una quota annuale intorno a 40€/Ha, ma di certo non è la peggiore, perché al 2021 Basilicata, Valle d’Aosta e Sardegna non prevedevano alcun canone, a fronte di un settore dal volume d’affari a dir poco imponente.
Un’ulteriore implicazione di simile approccio normativo è quella che tende a penalizzare l’edilizia (pubblica e privata) che voglia puntare sull’economia circolare. Perché estrarre nuovi materiali ad oggi risulta ancora troppo più conveniente, sotto il piano economico, che puntare sui prodotti riciclati, andando di fatto a disincentivarne l’utilizzo; e quindi a rendere necessari ampliamenti e nuove concessioni. Tutto questo per sottolineare un dettaglio che troppo spesso in Italia è stato ignorato: il domani è figlio delle scelte di oggi. Soprattutto quando si tratta di un tema delicato come la tutela ambientale e la progettazione dello sviluppo di un territorio.
Approvare sic et simpliciter la richiesta che la GMP ha presentato al Comune, non significa solo scegliere tra lavoro e paesaggio, ma anche e soprattutto chiedersi cosa resterà dopo; quali prospettive offre questa scelta. È davvero nell’interesse della comunità offrire ad un’impresa l’opportunità di continuare sfruttare una risorsa territoriale chiedendo in cambio un semplice – e del tutto irrealizzabile – ripristino del contesto naturale una volta finito? Difficile crederlo. E questo non necessariamente per colpa del gestore del sito che pure ha fatto alcuni tentativi per onorare le prescrizioni del Comune e della Regione al momento della concessione, soprattutto in termini di ripiantumazione delle parti più vecchie della cava; quanto piuttosto per la natura di ciò che si chiede. Ha senso pensare di riportare allo status di ecosistema uno spazio sul quale l’impatto dell’attività umana ha generato un’impronta tanto visibile e alterante? Stiamo parlando di una cava che ha scavato il fianco di un monte, non di una cava a fossa che si può pensare di riempire nuovamente e rinverdire.
Checché ne dicano le Vas di parte, non c’è strategia di rimboschimento che possa celare le cicatrici che una cava lascia sulla morfologia di un territorio, soprattutto se si pensa di estenderla a tutto il versante di un monte che si trova nel punto più alto e panoramico del circondario. Il colpo d’occhio sarebbe impietoso in confronto ad ora, visto che l’area estrattiva è quasi interamente celata. Il tutto poi all’interno di un territorio che da anni dichiara di cogliere nelle opportunità offerte dal turismo lento, la propria vocazione principale. A meno di 3 km da questa possibile estensione dell’area di cava ad esempio, si articola quel «sistema di castelli, fortemente connotati e di rilevante interesse storico e ambientale, che si inserisce in un paesaggio storico-agrario strettamente collegato a tali insediamenti e alle successive tipologie insediative a case torri isolate» di cui parla il Decreto 29 luglio 2003 del Ministero per i Beni Culturali riferendosi proprio a Gualdo Cattaneo e alle frazioni di Torri e Barattano. Per non parlare del nuovo progetto Rinascita Monti Martani nel quale il Sindaco Valentini ha voluto inserire Gualdo Cattaneo; certamente mosso dall’intento di favorire la vivibilità e la visibilità di quella parte alta del Comune censita nelle carte del PRG come Bassa collina dei Martani.
Queste sono solo alcune delle contraddizioni più macroscopiche portate dall’eventuale scelta di estendere l’attività di cava dall’attuale sito fino alla strada provinciale che unisce Torri a San Terenziano. Senza per altro aver minimamente approcciato alla fase successiva. Quella che si inaugura quando il bacino estrattivo viene esaurito. Sulla quale, in attesa che magari la Regione Umbria segua le orme di realtà più virtuose come la Liguria che già dalle concessioni degli anni 80’ prevedeva la redazione preventiva di piani di recupero dedicati, dovrà essere l’ente locale a intervenire. Dalle iniziative più classiche come la destinazione delle aree di cava ad accogliere bacini di raccolta dell’acqua, che nella vicina frazione di San Terenziano ogni estate costituisce un serio problema, piuttosto che all’installazione di un impianto fotovoltaico che con l’attuale fenomeno delle comunità energetiche potrebbe fornire interessanti opportunità a tutta l’area; a quelle più originali. In tal senso è molto interessante il progetto Ri.Cava nato in Sardegna ad opera di un’impresa del settore edile che, probabilmente anche grazie al bando varato dalla Regione nel 2017 che destinava 3 milioni di Euro al recupero delle cave abbandonate, ha dato vita ad uno studio di progettazione per recuperare siti dismessi con progetti utili alle comunità. Come la realizzazione di un centro per attività sportive open-air. Ma in tutta la penisola gli esempi di recupero intelligente e socialmente utile non mancano. Tra cui anche la possibilità di creare un centro per il recupero e lo stoccaggio di materiale edile riciclato destinato al reimpiego in base alle necessità; soluzione che potrebbe facilmente consentire il mantenimento dei 2 operatori attualmente impiegati nella cava. Altro tema di rilievo all’interno della vicenda, che merita grande attenzione, ma che allo stesso tempo non deve diventare oggetto di ricatto.
Il filo rosso che lega problemi e opportunità è sempre molto sottile, e solo con un grande sforzo intellettuale di progettazione e creatività si può sperare di risolvere la complessità di determinate circostanze. Perché sulla cava di Monte Pelato si gioca una partita ben più importante di una semplice concessione; quella sulla visione del futuro di un intero Comune. Ora, la palla sta al Sindaco.
[1] Comune di Gualdo Cattaneo – Verbale della commissione architettonica per la qualità architettonica e il paesaggio del 07/02/2017. “sotto il profilo geologico (parere ex art. 89 D.P.R. 380/2001), non si rilevano problemi particolari e si esprime parere positivo. Sotto il profilo paesaggistico, e considerate le motivazioni espresse nell’osservazione, al fine di tutelare le visuali del versante est, si esprime parere favorevole limitatamente al recupero della superficie della previsione originaria (non attuata), innalzando la quota della linea di massimo ingombro di valle, così come tradotta dall’Ufficio”
[2] areatecnica | Blog dell’Area Urbanistica del Comune di Gualdo Cattaneo (wordpress.com)
[3] Comune di Gualdo Cattaneo – Deliberazione numero 10 del 16/02/2017. Prende la parola il consigliere Cola: “A mio avviso quella rimodellazione è migliorativa, speriamo che venga data la possibilità per creare i giusti equilibri”
[4] Legambiente presenta il Rapporto Cave 2021, ecco i dati • Legambiente