Dal 1° gennaio 2023 al 7 luglio 2023 in Italia si contano 69.137 persone sbarcate (dati aggiornati qui), ultimamente della questione se ne sente parlare sempre meno, sicuramente perché il tempo della propaganda politica è bello che finito.
Sono inoltre passati mesi da una delle tante stragi per cui aspettiamo ancora il chiarimento delle cause e delle responsabilità di quello che è stato indubbiamente un crimine, impunito, ma di cui restano sottintesi ed invisibilizzati gli effetti che, a partire da questo naufragio, riguardano tutti coloro che ogni giorno spariscono nel silenzio nel mar Mediterraneo lontano dalle camere parlamentari. Dopo che i riflettori mediatici si sono spenti e l’attenzione su un evento così drammatico è progressivamente calata, non possiamo né dimenticare né trascurare gli effetti di quanto accaduto che coinvolgono tante persone, sia direttamente che indirettamente. La promulgazione del c.d. “decreto Cutro” – che sarebbe più congruo chiamare Piantedosi o Meloni in onore dei loro responsabili – ha strumentalizzato la strage per implementare politiche ancor più securitarie nell’accesso ai diritti per le persone migranti, ma anche il destino di quelle persone che quel 26 febbraio hanno sfidato la frontiera e hanno trovato violenza e morte. Eventi come quello del naufragio di Cutro incidono mediaticamente appena il tempo di una tempesta. Ciò che resta, invece, tra quei relitti tutt’oggi depositati sulla battigia della spiaggia e l’intimo dolore arrecato a chi ne sopravvive, è una formula politica che prosegue indisturbata a oltraggiare la memoria delle vittime e la dimensione catastrofica che dispiega. Un decreto propagandistico che porta il nome di una strage violentemente annunciata e convertito nella legge 5 maggio 2023, nel tentativo di nascondersi sotto narrazioni criminalizzanti e logiche securitarie che continuano a strumentalizzare la morte delle persone migranti per costruire dispositivi frontalieri sempre più stretti e non solo. Un decreto che alza muri sulle possibilità di regolarizzazione, di fatto demolendo la protezione speciale; decide di aumentare il numero di centri di detenzione amministrativa (CPR), riportando i tempi di trattenimento a sei mesi. Un decreto da cui ci aspettavamo l’ampliamento delle possibilità di canali umanitari e che invece aggredisce con maggiore ferocia la libertà di movimento delle persone, consegnandole all’abuso, all’umiliazione ed alla morte. Un decreto killer. Blocchi navali, finanziamenti autoritari e militari, armi da guerra, persecuzione violenta e ripetute discriminazioni sostituiscono la già debole pagina legislativa relativa alla protezione internazionale e alla dignità delle persone migranti. Non è possibile considerarlo legittimo, anziché scongiurare altri naufragi e morti, li utilizza per criminalizzare le persone migranti, ma soprattutto in quanto promotore di un regime della mobilità che alimenta le probabilità che questi accadano. Nel mar Mediterraneo, in acque internazionali, quelle libiche, tunisine, maltesi, italiane, greche, si continua a morire ogni giorno, malgrado ciò, gli sforzi per evitarli sono nulli e addirittura contrari. Fare tutto il possibile per salvare vite umane non si limita, infatti, a segnalare un’imbarcazione suscettibile di trovarsi in difficoltà – perché lo è a prescindere – ma vuol dire scongiurare in ogni modo possibile che qualcosa di terribile accada. Fare tutto il possibile per salvare vite umane non si esaurisce nel controllo di chi è in mare per respingerli come criminali ma prevede l’immediato soccorso per riportarli a terra, nonostante le condizioni avverse, soprattutto in condizioni avverse.
Non è stato fatto tutto il possibile per salvarli ma si continua a fare di tutto per reprimerli. Quante stragi ancora ci saranno prima di capire che le retoriche e le pratiche di questo decreto e di tutto il meccanismo necropolitico non impediranno alle persone di partire?
Perché cerchiamo di ricordarcelo ogni tanto, queste persone sono umani che sicuramente preferirebbero restare nel loro paese di origine piuttosto che rischiare la propria vita per un futuro incerto (ma auspicabilmente migliore di quello che si ritroverebbero in patria), ma non possono farlo a causa delle gravi condizioni di povertà e della guerra in cui ricadono i loro Paesi (di cui tra l’altro spesso la causa siamo noi). A un anno dalla infervorata propaganda politica anti-immigrazione di Salvini, sicuramente la questione verrà nuovamente brandita come arma propagandistica per le prossime elezioni europee. Il problema è che l’anno scorso per le elezioni politiche non sono state utilizzate altro che fake news: la Meloni aveva promesso addirittura un blocco navale al largo della Libia a seguito dell’aumento degli sbarchi poiché secondo la ministra le persone sbarcate erano 300000 l’anno scorso, quando invece i dati parlano chiaro e il numero di migranti regolari e irregolari nel nostro paese ha subito solo un lieve cambiamento, perché diciamocelo qui le persone non vogliono restare, sbarcano ma geograficamente poi si spostano. Quindi, se gli stranieri irregolari e regolari sono solo il 10% della popolazione di quale sostituzione etnica stiamo parlando? Si è parlato troppo poco della pericolosità di questa affermazione, il povero Lollobrigida è stato bersagliato ma in realtà ha solo ripetuto ciò che la sua capogruppo di partito ripete nelle piazze dal 2017, ma cosa vuol dire sostituzione etnica bianca? Bianchi, cattolici mangia pasta e maiale?
Il nostro paese sta vivendo una fase di grossi cambiamenti, i giovani sono sempre meno e quelli che ci sono spesso scappano all’estero e questo comporta un problema per la nostra economia di cui presto risentiremo, se queste persone che arrivano in cerca di qualcosa di migliore invece di lasciarle morire in mare venissero regolarizzate (strappandole ai trafficanti e ai datori di lavoro in nero) stabilendo dei parametri per quanto riguarda la cittadinanza (la lingua, il lavoro) e si desse loro modo di lavorare tranquillamente e inserirsi nella società si potrebbe parlare di democrazia, ma badate bene siamo arrivati a questo punto perché negli anni non è stato fatto nulla partendo in primis dalla sinistra che non si è mai occupata di abrogare la legge Bossi-Fini e non si è riusciti ad arrivare allo Ius soli. Nel frattempo, spesso in questi casi si incorre nel parallelismo della migrazione italiana negli Stati Uniti. Avrò zero originalità ma mi piace ricordare nuovamente la vicenda di Sacco e Vanzetti all’epoca mandati alla sedia elettrica solo perché erano italiani e per la magistratura americana gli italiani all’epoca erano considerati “no black” che non vuol dire “white” il famoso pregiudizio sugli italiani considerati tutti pericolosi criminali.
Pregiudizio.
Un popolo che ha subito questo tipo di discriminazione dovrebbe essere vaccinato contro questa tipologia di pensiero e invece abbiamo il “decreto Cutro”.
- In copertina: sepoltura del piccolo Alì nel cimitero di Crotone, nessuno si è ancora fatto avanti per reclamare le sue spoglie probabilmente perchè anche i genitori sono deceduti nel naufragio