La piazza, cuore pulsante e vitale di un centro abitato, di qualsivoglia grandezza. Da sempre e storicamente luogo di incontro, di scambi commerciali, luogo di espressione del potere politico del popolo e religioso; sede dell’identità cittadina per la presenza di monumenti storici e artistici. Negli agglomerati urbani di epoca medievale, costruiti strategicamente su promontori e colline, le piazze sono il punto di arrivo delle vie longitudinali che si inerpicavano su questi declivi.
Questo era ciò che caratterizzava la piazza di Gualdo Cattaneo capoluogo, così come quelle di tanti altri borghi del nostro territorio e nel resto d’Italia.
Dal secolo scorso sono giunte, traghettate dalla cura di chi desidera conservare testimonianze e ricordi, foto in bianco e nero delle nostre vie popolate da negozi, percorse da chi vi ci abitava, muretti che erano punti di incontro, manifestazioni popolari e religiose fortemente partecipate, e così via.
E poi cos’è successo? Iniziano ad abbassarsi le prime saracinesche, una dopo l’altra, il lavoro inizia a scarseggiare e allora si emigra o ci si trasferisce in città limitrofe in cerca di opportunità, quelle stesse opportunità che scarseggiano sempre di più per ogni nuova generazione che si sussegue e nasce in un territorio come il nostro. Le strade si spopolano, le case si chiudono e cala il silenzio, dell’assenza, del tempo che passa e degli anziani rimasti a presidiare un luogo diverso da quello in cui erano nati e cresciuti ma allo stesso tempo rimasto incredibilmente uguale.
Di questo fenomeno ne abbiamo già parlato qui.
Qualche temporanea ventata di cambiamento si percepiva con l’arrivo dell’estate: la sera, con il fresco, le famiglie, i bambini, i giovani e gli anziani si ritrovavano in piazza, come si faceva un tempo, per un momento di convivialità. Non ci dimentichiamo però del malcontento che la decisione della precedente amministrazione aveva generato quando per il periodo estivo aveva deliberato la chiusura al traffico della piazza durante il weekend, proprio in virtù della presenza e della fruizione di questo spazio da parte della cittadinanza e anche nel desiderio di incentivarla. Così abituati noi alle nostre comodità, al nostro parcheggiare proprio davanti alla meta, come se le aree di parcheggio fossero lontane chilometri. Ma l’idillio estivo si è spento con l’arrivo dei primi freddi e dell’inverno portando nuovamente la piazza e il borgo nel suo abituale silenzio.
Il definitivo colpo di spugna arriva nel marzo 2020: l’Italia tutta entra in lockdown, misura estrema per far fronte a un’emergenza sanitaria che diventerà globale, checché se ne dica.
I giorni diventano settimane, le settimane diventano mesi chiusi in casa e quello che aumenta è il desiderio e la necessità di riappropriarsi delle proprie vite, della propria libertà e dei propri spazi.
“Le piazze fanno la rivoluzione solo quando sono vuote” cantavano Appino & co.
Ci siamo effettivamente riappropriati poi di quella piazza, il 3 settembre 2020, il giorno più importante per un gualdese. Restrizioni, tempistiche burocratiche difficili da rispettare, remore, paure e molto altro non permisero i consueti festeggiamenti ma ci ritrovammo comunque tutti quanti, in piazza, insieme.
Poi nuovamente una serie repentina di peggioramenti. Le restrizioni della piena pandemia erano solo l’assaggio delle difficoltà che avrebbe portato con sé il Covid, ad iniziare dalle più gravi, oltre quelle sanitarie: quelle economiche. Se già gli esercizi commerciali si contavano sulle dita di una mano, letteralmente, Gualdo comincia a perdere pezzi, a cominciare da quel pezzo di storia che rappresentava il forno (ne abbiamo parlato qui) e di conseguenza anche il bar in piazza. Fortunatamente, considerando lo scarso impegno nella promozione diversificata che necessita questo territorio, non mancano turisti e avventori che, incuriositi dall’ergersi solitario del nostro borgo protetto dalla Rocca rinascimentale, simbolo del Comune, salgono fino in centro per poi non trovare nemmeno un servizio se non ciò che il volontariato riesce a fare sopperendo a mancanze strutturali.
Se non c’è offerta non c’è domanda ma è anche vero che questa domanda, in qualche modo va creata ed è possibile crearla: ne abbiamo di testimonianze intorno a noi e non inizio nemmeno l’elenco perché basta spostarsi di qualche chilometro per vederlo in modo tangibile.
Un paese disabitato dicevo, dove però campeggiano fuori dalle finestre e dai balconi dei palazzi cartelli di agenzie immobiliari: il più è in vendita, quasi nulla si affitta, e a comprare sono principalmente stranieri che decidono di avere un pied-à-terre per le loro vacanze in Italia, senza essere però veramente parte della comunità e lasciando le loro dimore disabitate per la maggior parte dell’anno.
Organizzare eventi e manifestazioni diventa sempre più burocraticamente complesso ed economicamente dispendioso, e non sempre le associazioni promotrici di queste attività hanno le capacità per intraprendere anche solo la pianificazione di tali eventi.
È arrivata anche quest’anno l’estate ma nulla è cambiato: la piazza resta vuota, anzi svuotata.
Manca la domanda per creare l’offerta, affermerebbe qualcuno, ma è anche vero che sempre più spesso la domanda, cioè le persone (turisti e cittadini) arrivino in piazza e trovino tutto chiuso. Ai turisti rimarrà un ricordo non proprio piacevole di quel posto, ai cittadini passerà la voglia anche solo di arrivare in piazza “tanto è tutto chiuso!”. Un paio di eventi, e sono stata generosa, hanno animato la piazza con l’arrivo del caldo: una goccia nell’oceano e poi tutto torna come prima.
Tutti questi problemi, che non sono solo i nostri sia chiaro, non accennano a diminuire, anzi, aumentano esponenzialmente così come è esponenziale la diminuzione della popolazione nel nostro Comune (2009: 6463 abitanti, 2019: 5838 abitanti. I numeri sono in continua diminuzione. Fonte DUP 2021-2023).
Tanti i progetti di rigenerazione urbana, volti a ridurre emarginazione e degrado sociale, promossi dal PNRR, con l’intento di fornire ai Comuni sotto i 15.000 abitanti, anche in forma associata, i contributi necessari per investire nella rinascita urbana e ridurre situazioni di emarginazione e degrado sociale, miglioramento della qualità del decoro urbano e del tessuto sociale ed ambientale. Ma il concetto di rigenerazione urbana viene inteso in modo più ampio se guardato nell’ottica di rilancio dei piccoli centri storici. 5 gli obiettivi elaborati da City Centre Doctor (leggi l’articolo completo qui) per rendere le città più vivibili e contrastare lo spopolamento dei piccoli e periferici centri storici:
- Pensa a cosa vuoi fare dello spazio urbano se vuoi rivitalizzare un centro storico
- Non saranno i grandi negozi a salvare i centri storici ma il piccolo commercio di qualità
- Sbattere le auto fuori dai centri storici per renderli più vivibili
- Rendere i giovani e gli anziani protagonisti del cambiamento del centro storico
- Far diventare gli abitanti fieri del luogo in cui vivono
Nel DUP 2021-2023 sono riportate diverse missioni riguardo l’ambito e le materie trattate, dal decoro urbano alla promozione turistica. Ma la necessità, impellente, è quella di creare un piano strategico trasversale e a lungo termine in cui vari ambiti siano messi a sistema.
Il quadro generale è complesso, ricco di molteplici variabili e in continua evoluzione. A noi la scelta: reagire progredendo verso un graduale e perseverante miglioramento o lasciarsi andare, inermi, verso un inevitabile destino.