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Bilanci di fine anno

Oggi si conclude ufficialmente l’anno più caldo della storia dell’umanità – almeno da quando le temperature vengono misurate. Il 2023 passerà alla storia come l’anno in cui il nostro pianeta è entrato nel vivo della trasformazione climatica imposta da un modello di sviluppo che per oltre un secolo ha ignorato i trend statistici sui rischi climatici, per seguire solo quelli sulla crescita economica. Il conto inizia ad arrivare. E purtroppo – come analizzato qui – nemmeno Cop28 è riuscita a imprimere lo slancio di cui si avrebbe bisogno.

Ma oggi si conclude anche l’anno che ci ha mostrato come ogni pace asserragliata dietro muri e carri armati sia un autoinganno, più utile a pulire la coscienza che a coltivare il valore della fratellanza. L’anno che ha riportato una pioggia di bombe su Gaza – oltre 21.000 morti ad oggi – o su Khartum, e ci ha ricordato che i posizionamenti politici vengono prima dei diritti umani perfino nel Consiglio di Sicurezza dell’ONU.

 

Affacciata su un Mediterraneo sempre più bollente, tanto per le temperature registrate quanto per i venti di guerra che spirano dal Medio Oriente, l’Italia ha appena approvato la nuova legge di bilancio che come da tradizione, arriva al fotofinish, riempie d’orgoglio chi l’ha pensata e dà la sensazione di un prendere tempo. Perché è indubbio, la riduzione del cuneo fiscale, la volontà di mandare in porto almeno una parte dei cantieri avviati col Superbonus e ora a rischio sospensione, la riforma dell’IRPEF, sono misure che possono aiutare a tamponare questa fase congiunturale che stiamo attraversando, ma che come al solito lasciano al palo il futuro in nome del presente. Ne è il simbolo la battaglia ideologica contro la cosiddetta “carne coltivata”. I un mondo che ha bisogno di forme di sostentamento alimentare meno impattanti, impedire per legge ai giovani ricercatori italiani – perché sono italiani anche i ricercatori a cui il nostro Paese lascia le briciole da decenni per chi non lo sapesse – di sviluppare una tecnologia che potrebbe creare posti di lavoro e migliorare l’impronta climatica è semplicemente ottusità. Così come lo è l’idea stessa del piano Mattei, che oltre a rievocare un approccio di stampo coloniale, va contro le linee guida della politica energetica europea che non riconosce ad oggi nel gas un’alternativa reale a carbone e petrolio. Ecco, in questi e tanti altri esempi possibili non si coglie di certo un’Italia alla deriva come tanti vorrebbero sostenere, piuttosto un’Italia ben salda sulle sue posizioni, alfiere del conservatorismo in un mondo che ha disperatamente bisogno di fare balzi avanti e in fretta.

 

Non è diverso purtroppo lo scenario nella nostra Umbria. Mentre mezza regione resta col fiato sospeso in attesa di conoscere il posizionamento del nuovo inceneritore – tanto per rimanere in linea con l’esigenza di meno emissioni e più economia circolare – l’aggiornamento congiunturale pubblicato lo scorso novembre dalla Banca d’Italia afferma chiaramente che “Nel 2023 è proseguita la fase di progressivo indebolimento dell’attività economica umbra in atto dalla metà dello scorso anno”. Al netto di una redditività delle imprese che rafforza anche grazie al calo del costo dell’energia, di un settore edile ancora dopato dal Superbonus e del settore turistico che finalmente riconosce al nostro territorio il valore che ha, le aspettative degli operatori economici nel breve periodo sono tutte votate al pessimismo. Uno scenario che certifica quanto scritto sul finire del 2021 (qui), la nostra regione sta virando verso un ruolo sempre più periferico all’interno del quadro nazionale, e per quanto faccia piacere sapere che siamo la meta turistica dell’anno, la paura di non rimanere altro che questo si fa sempre più concreta.

 

Anche a Gualdo Cattaneo venerdì è stato il giorno in cui il Consiglio comunale ha approvato il bilancio di previsione 2024-2026. Un documento che, come ha dichiarato il vicesindaco Annibali nel suo intervento di presentazione della manovra, sancisce il farsi strutturali delle misure di sostegno alle famiglie attivate negli scorsi anni e denota chiaramente la direzione verso cui l’uscente amministrazione Valentini vorrebbe proiettare il nostro comune per i prossimi anni. E in effetti è così. Bonus nascite e bonus nonni, i contributi per l’acquisto del materiale scolastico, il mantenimento delle tariffe relative ai servizi alle persone, sono misure che delineano una chiara idea di futuro, la stessa che il governo Meloni sta mostrando su scala nazionale: spendere per mantenere lo status quo. Spendere le risorse disponibili per rassicurare un tessuto sociale, che chiaramente deve evolversi per non estinguersi, di dover solo resistere ancora un po’, poi ad un certo punto tutto tornerà a migliorare da sé. Mentre invece, da qua se ne vanno tutti. Senza un’azione decisa in favore della residenzialità, che passi dall’aumento della pressione fiscale per chi tiene le case vuote, alla ricerca di soluzioni per forme residenziali condivise in favore delle famiglie a basso reddito, è difficile sperare in un’inversione della rotta. Siamo in un territorio che non offre soluzioni ai ragazzi che cercano un appartamento in affitto, e nell’economia dei servizi che viviamo oggi, in cui anche le abitazioni vengono percepite come servizio appunto anziché come bene di possesso, un simile ostacolo potrebbe costare molto più caro di quanto non sembri.

 

Qui dunque sta il vero problema, che non è colpa solo di Valentini, come non lo era solo di Pensi, come di chiunque altro preso come singolo: il futuro di questo territorio sta sparendo insieme alla nostra capacità di immaginarlo diverso da come è stato. Questa è la sfida che siamo chiamati ad affrontare come collettività, sia essa intesa come Gualdo Cattaneo, regione Umbria, o Italia tutta. La stessa che stiamo scegliendo di ignorare, ma come ci insegna Don’t look up di Di Caprio, ignorare i problemi non solo non li risolve, ne rende ineluttabili le conseguenze peggiori. Buon 2024 a tutti, che le elezioni non ci portino di nuovo solo promesse.