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Nel 2021 l’Italia è stata il Paese dell’anno. Lo dice l’Economist  (qui)che, come ogni dicembre, dedica questo riconoscimento simbolico non a chi si diventato più ricco o abbia aumentato la propria felicità, ma a chi ha dimostrato di essere migliorato di più a giudizio della redazione. Negli anni passati ad esempio, tale riconoscimento è stato conferito all’Uzbekistan per l’abolizione della schiavitù, oppure alla Colombia per aver trovato la pace interna. Quest’anno è toccato all’Italia, per la stagione di riforme inaugurata dal premier Draghi. Il giornale inglese loda anche la responsabilità dimostrata da quasi tutte le forze politiche italiane nel sostenerlo, ma qui, solo il tempo saprà dirci fin dove arrivava la responsabilità e dove invece cominciava l’opportunismo e la voglia di partecipare alla spartizione della torta. Fatto sta che le cose sono andate così e oggi, almeno al di fuori dei confini nazionali, l’Italia sembra un Paese migliore, con prospettive migliori.

 

Lo stesso purtroppo non si può dire della nostra cara regione, i dati forniti dal rapporto Svimez 2020 sono a dir poco drammatici e vengono riassunti alla perfezione dal grafico pubblicato in un articolo di Giorgio La Malfa sul Sole24Ore dello scorso 9 dicembre: l’Umbria fra il 2000 e il 2019 ha perso ben 70 posizioni nella classifica di rendimento delle regioni dell’Europa a 28 (articolo integrale qui). Per intenderci, occupa all’incirca la stessa posizione occupata dalla Basilicata 20 anni fa. Numeri che nemmeno la pandemia di Covid-19 può giustificare, ma che anzi, può solo aver contribuito a far emergere. Denatalità e spinta centrifuga dei giovani in primis. Fattori che impongono un bilancio demografico sempre più severo a una regione per cui si prospetta un trend negativo di oltre 60 mila abitanti per il prossimo ventennio (fonte AUR con elaborazione dati Istat), e un inevitabile innalzamento dell’età media. A tutto questo vanno aggiunti l’ennesimo taglio imposto ai servizi sanitari votato nell’ultimo Documento di Economia e Finanza della Regione (DEFR), che parla di un dimezzamento dei distretti sanitari regionali – si passerà dai 12 attuali ad appena 6 – e il progressivo ridimensionamento del peso nazionale rivestito dall’Umbria. Sul piano economico, secondo Umbria Ricerche al 2017 la nostra regione aveva un ritardo di ben 14 punti percentuali su base decennale in termini di ricchezza delle famiglie rispetto alla media nazionale dello stesso periodo, e in quegli stessi anni si riduceva di un ulteriore 0,2% anche il suo già modesto contributo al PIL nazionionale, passando dall’1,4% all’1,2%. Anche in termini di peso politico il ridimensionamento che ci attende a partire dalla prossima legislatura sarà tutt’altro che irrisorio, con la nuova riforma del sistema politico italiano che ha portato alla riduzione del numero dei parlamentari infatti, l’Umbria passa da 16 rappresentanti a 9, di cui 6 deputati e 3 senatori. Il margine di manovra per rilanciare il nostro territorio sembra assottigliarsi, ma come sempre, pur nelle difficoltà non mancano le note positive. Una su tutte la ripresa della natalità imprenditoriale. A giugno 2021 gli uffici regionali contavano più di 80.000 imprese registrate, circa una ogni mille abitanti, registrando un +10.000 su base decennale. Un dato che unito all’enorme crescita del settore turistico e di quello agroalimentare, può costituire una prospettiva molto interessante per la crescita futura. Tuttavia, grandi aspettative richiedono, alle forze politiche chiamate a guidarle, uno sforzo ancora più grande. Perdere questo treno e mortificare lo slancio creativo che questi giorni ci stanno regalando, significherebbe davvero relegare la nostra regione a terra di villeggiatura per stranieri e amanti di borghi e paesaggi rurali. 

 

Restringendo ulteriormente il campo visivo sul Comune di Gualdo Cattaneo, purtroppo non si ravvisa nessuna sorpresa. Al di là degli indicatori demografici che da anni ci parlano di un’emorragia iniziata con la dismissione della centrale Enel e per la quale, ancora oggi, non sembra si possa trovare rimedio; l’analisi del bilancio consuntivo parla chiaro. Il 2021 è stato un anno in attesa. Gli oltre 800.000€ di avanzo di bilancio portati in consiglio comunale dall’amministrazione Valentini profilano l’inevitabile esito di riproporre anche per il 2022 un DUP sostanzialmente identico a quello dell’anno precedente, con la questione scuola ancora tutta da risolvere – le note ministeriali vincolano alla chiusura della gara per l’assegnazione dei lavori entro marzo 2022 e ad oggi nulla sembra essersi evoluto a livello di progettazione -, la conversione a idrogeno della centrale in fase a dir poco di stallo (ne abbiamo parlato qui), e diversi lavori pubblici rimasti al palo (2 piste ciclabili, un parcheggio camper,…). Anche sul fronte dei servizi, nonostante le iniziative apprezzabili a sostegno della cittadinanza come l’apertura dello sportello donna e l’avanzamento dei lavori di messa in opera del marciapiede in località Collesecco, su altre questioni molto importanti per il futuro economico, e non solo, del territorio come la no tax area per le nuove attività comunali, la creazione di una mobilità alternativa, il recupero dell’area polivalente di San Terenziano, tutto tace. E a poco sono valse purtroppo anche spese molto positive per aiutare le famiglie come l’erogazione del contributo per l’acquisto di materiali scolastici, o per il decoro urbano come l’allestimento di luminarie natalizie di grande impatto, se sono state sostenute grazie ai fondi accantonati con la restituzione delle indennità di amministrazione del 2019. In primis perché sono un frutto estemporaneo dettato dalle idee del momento e non rispondono ad un progetto più ampio, il secondo è che dal prossimo anno tali fondi non saranno comunque più disponibili perché, a dispetto delle promesse elettorali, lo scorso 29 dicembre 2020, il gruppo di maggioranza ha votato unitamente per la loro reintroduzione. Ancora una volta, ciò che sembra mancare è la visione d’insieme. Speriamo che il 2021 sia stato solo un anno di profonda concentrazione per elaborare al meglio le giuste strategie per un 2022 vincente, ma ad oggi, la sensazione è che per trovare la quadra tra le idee e la loro realizzazione, ci sia ancora un bel po’ di strada da fare.

Andrea Cimarelli

Andrea Cimarelli

Andrea Cimarelli è laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Macerata. Coltiva, la terra per mestiere, l'amicizia per passione, se stesso per vocazione. Già redattore della rivista Ritiri Filosofici, osserva il mondo per comprenderlo e difenderlo. Collabora attivamente con l'hub Territorio e Ambiente della Rete di Civici Per l'Umbria. Favorevole a vaccini, matrimoni gay e 5g.

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