Era il novembre 2022 quando (qui) analizzando per sommi capi le poche informazioni trapelate dal nuovo piano industriale di VUS per riorganizzare il comparto della gestione dei rifiuti, e notavamo laconicamente che la sua attuazione non poteva prescindere dall’incremento delle tariffe. Di fatti, con la consegna delle cartelle relative alla TARI, ogni previsione è stata confermata. Già lo scorso 22 aprile, il vecchio Consiglio comunale aveva votato l’incremento della tariffa dovuta al gestore che raggiungeva la cifra record di 1,4 milioni di Euro – con un rincaro complessivo di oltre 400.000€ rispetto al 2019. Il tutto si è tradotto nell’ennesimo incremento medio della spesa per i cittadini compreso fra il 5 e il 9 %. E se da un lato è chiaro che l’aumento del costo complessivo è una variabile indipendente per il Comune, è altresì vero che la determinazione delle tariffe , cioè la ripartizione di questo carico economico fra i vari utenti del servizio viene decisa dalla Giunta e poi votata in consiglio. Quindi dalla politica. E dopo tanti anni di rincari consecutivi ed evoluzione del tessuto imprenditoriale, probabilmente potrebbe essersi reso necessario pensare ad un adeguamento. Basti pensare ad esempio, che ad oggi non esiste a Gualdo Cattaneo un’aliquota dedicata alle aziende agricole. Laddove mancano le risorse per ridurre i costi, lavorare per una loro redistribuzione in maniera equa diventa l’azione più concreta per iniziare a fare i primi passi verso la tanto sbandierata tariffazione puntuale cui tutti mirano. O meglio, tanti. Perché l’indirizzo dato dalla Regione sembra puntare da tutt’altra parte.
Era il 23 dicembre 2019 quando, all’interno delle proprie linee programmatiche, relativamente al ciclo dei rifiuti, la giunta Tesei scriveva: «occorre dunque disincentivare in ogni modo il ricorso allo smaltimento in discarica o all’incenerimento che in presenza di un sistema di raccolta e riciclo efficiente sarebbe antieconomico in una realtà piccola come l’Umbria». Un’intenzione che lasciava presagire una svolta interessante per un sistema come quello umbro, legato a doppio filo ai conferimenti in discarica – perennemente sature e perennemente oggetto di ampliamenti “straordinari” – e sostanzialmente inadeguato a mettere a profitto i proventi di una raccolta differenziata con dati al di sopra della media nazionale. Purtroppo le speranze sono durate poco perché con l’Aggiornamento del piano regionale per la gestione integrata dei rifiuti del dicembre 2021, la nostra regione ha deciso di introdurre la valorizzazione energetica come strategia innovativa per chiudere il ciclo dei rifiuti. Dopo una fase di grande concitazione in cui, di fatto però, tutto è rimasto molto sospeso – compresa la realizzazione del piano di investimenti che VUS aveva promesso – le acque sono tornate ad agitarsi lo scorso 19 luglio, quando il consiglio direttivo uscente dell’AURI ha dato l’ok all’avviso pubblico per individuare il partner economico che realizzerà il nuovo inceneritore. Il bando scade il 25 gennaio 2025 e mira a selezionare il miglior progetto capace di spendere i 200 milioni destinati all’investimento attraverso la formula del project financing, con l’obiettivo di essere operativi per agosto 2029. In particolare però, è principalmente l’elemento della collocazione geografica a tenere col fiato sospeso tante amministrazioni. Perché nel bando viene – anche in maniera non del tutto illegittima – lasciato in capo all’investitore privato la scelta relativa al collocamento dell’impianto. Al netto ovviamente della famosa mappa che evidenzia le zone dove l’opera non può essere realizzata per scelta politica (circa il 60% della superficie regionale). Come ben sappiamo, anche il sito in dismissione della nostra ex centrale Enel desta più di qualche preoccupazione a riguardo. Sebbene infatti le difficoltà logistiche relativa a servizi stradali non esattamente adeguati a volumi di traffico pesante significativi possano lasciarci sperare, è altresì vero che l’impatto politico in termini di votanti scontentati da una simile operazione sarebbe molto contenuto rispetto a zone più densamente popolate. Perciò meglio stare con gli occhi aperti e, almeno questa volta, sperare che le ragioni economiche prevalgano su quelle politiche.
Tutto questo, in uno scenario che vede la regione Umbria andare al rinnovo dell’Assemblea Legislativa regionale proprio questo autunno e che proprio in questi giorni ha visto cambiare anche i vertici della stessa AURI, con la presidenza passata da Antonino Ruggiano, sindaco di Todi in forza al centrodestra, ad Andrea Sisti, sindaco di Spoleto ed esponente di spicco della neonata formazione Civici Umbri. Le prime dichiarazioni delle forze politiche in merito, lasciano presagire la solita bagarre con pochi contenuti e tanti slogan incentrati sul distinguersi a priori dall’operato dei predecessori, dipinti sempre come il male, senza però avere sul tavolo alternative già pronte; tanto in termini pratici quanto di sostenibilità economica.
Proprio riguardo alla sostenibilità economica del piano per incenerire i rifiuti, è molto interessante la dichiarazione formalizzata da Legambiente negli scorsi giorni, che oltre a sottolineare come l’impegno a dotare il nuovo inceneritore di un impianto di teleriscaldamento a beneficio delle comunità adiacenti la struttura, sia passato da investimento necessario a opzionale, sottolinea anche come la progressiva perdita di residenti da parte della nostra regione, lasci presagire un trend di minor produzione di rifiuti. Siamo sicuri che stando così le cose non andrà a finire che ci ritroveremo a importare rifiuti da bruciare per rendere l’impianto abbastanza performante da ripagare il suo costo? O peggio ancora a depotenziare la raccolta differenziata? Siamo sicuri che i maggiori costi stimati per potenziare il riciclaggio e la produzione di materie seconde non si ripaghi sul lungo termine con i benefici relativi alla salute delle persone e dell’ambiente?
Domande cui di sicuro non è facile rispondere ma che allo stesso tempo costituiscono una sfida cruciale per il futuro di tutta la comunità regionale, perché una cosa è certa: mentre le nostre tariffe continuano ad aumentare per colpa di una non-strategia politica sulla gestione dei rifiuti, si sta vanificando l’impegno che tutti i cittadini mettono per dare nuova vita – anche economica – ai rifiuti. E tutto ciò che non rende, si sa, costa, anche i rifiuti.