È sorprendente quanto l’inizio di questo pezzo di commento all’anno appena concluso possa coincidere – e intendo letteralmente (controllate qui) – con quello che scrissi alla fine del 2023. Dopo 12 mesi ci troviamo a commentare l’ennesimo anno più caldo mai registrato e l’ennesimo bilancio dei bombardamenti su Gaza – che per fortuna il cessate il fuoco entrato in vigore in queste ore dovrebbe interrompere. Eppure il 2024, nonostante ben 76 Paesi nel mondo al voto, è stato un anno di grandi cambiamenti. Dal ritorno di Trump alla deposizione del regime degli Assad in Siria, dalla crisi politico-economica dell’asse Francia-Germania alla Nato che torna ad accogliere Stati membri, sono innumerevoli gli eventi che hanno contribuito a modificare la nostra percezione del mondo e della direzione in cui si sta sviluppando. Cosa accadeva qui da noi mentre il mondo continuava ad avanzare verso il superamento del paradigma global-pacifista nato dalle macerie del muro di Berlino?
Sulla falsa riga della conferenza stampa di fine anno che la premier Meloni ha posticipato a gennaio per gestire al meglio la crisi innescata dal sequestro di Cecilia Sala in Iran, anche questo tradizionale pezzo di analisi dell’anno appena concluso esce in colpevole ritardo; per altro senza una giustificazione altrettanto valida. Nonostante il tempo extra che mi sono concesso tuttavia, è stato piuttosto complicato fare i bilanci di fine anno questa volta. Di sicuro l’essere uscito dal consiglio comunale ha favorito quell’inevitabile distacco dalle dinamiche interne alla politica locale che provano tutti i cittadini – senza gli atti è complicato avere contezza delle piccole azioni amministrative ordinarie -, anche al netto di questo però, la sensazione di essere rimasti intrappolati in un limbo un po’ rimane. E questo lo dico non per denunciare l’assenza dell’amministrazione dal territorio – cosa che non penso per altro – ma per constatare quanto velocemente si sia spento l’entusiasmo post elettorale. Come se quel momento non ci fosse mai stato e non avesse innescato alcuna stagione di rinnovamento e potenziamento del progetto di governo. Quasi a dire “continuiamo come prima perché andava bene in quel modo”. Cosa che per certi versi potrebbe pure andare bene, ma per altri di sicuro no.
Si vede fra le pagine dell’ultimo DUP approvato lo scorso dicembre. Il piano delle opere, inchiodato alle lungaggini burocratiche di questo straordinario Paese che affossa tutti sotto montagne di procedure – nell’illusione di prevenire l’illecito con la carta anziché con il rigore nei controlli – sacrifica un asset di rinnovamento cruciale: l’asilo nido. È chiaro che un ruolo importante in questa direzione lo gioca la gestione disastrosa a livello nazionale del bando PNRR dedicato, però la cosa è sintomatica. Perché, citando l’osservazione fatta dalla Banca d’Italia alla legge di bilancio, per quanto i sussidi alla natalità siano meritevoli – e anche a Gualdo Cattaneo sono stati confermati -, gli studi di settore forniscono dati netti: per incentivare la natalità più che i bonus hanno valore «le misure che redistribuiscono o alleggeriscono il carico di lavoro domestico, quali l’ampliamento dell’offerta di asili nido e dei relativi sussidi alla frequenza». Con la composizione delle nuove classi della primaria che diventa sempre più difficile, da un’infrastruttura come il nido passa molto più di quello che potremmo immaginare, come dimostrano le tante peregrinazioni cui sono costretti i genitori che non hanno la fortuna di averne uno nelle vicinanze pur avendone necessità. Ma se, come ci si augura, la nuova scuola raccoglierà anche i bambini dell’infanzia, gli spazi per fare un nuovo nido li potrebbe liberare proprio questo spostamento. Per carità, non sarebbe una nuova struttura all’avanguardia, ma in termini di sicurezza e fruibilità sarebbe di fatto già pronto. Occorre trovare le risorse, questo è chiaro, ma non stiamo parlando di centinaia di migliaia di euro.
Saper rispondere alla sfide del percorso scolastico dei bambini più piccoli, a come questo possa estendersi anche alla vita pomeridiana, magari per sostituire la pratica dei compiti a casa (in Europa siamo rimasti solo noi a prevederli) con percorsi di potenziamento e laboratori, avrà un impatto enorme sul futuro del territorio. È ovvio che questo è possibile solo con un lungo lavoro di progettazione politica, a più mani, con diversi attori, per trovare risorse e costruire la rete di servizi necessaria a supportare il progetto, ma se non fa questo allora la politica – di ogni livello – a cosa serve? Se amministrare non è governare, se non è lavorare per costruire le condizioni affinché le risorse siano ben utilizzate perché hanno contribuito a realizzare ciò che occorre invece che ciò per cui c’erano i soldi, cos’è? La penuria di risorse per gli enti locali è un dato di fatto, ma non possiamo per questo smettere di credere nel valore dell’impegno. Ecco, sarebbe davvero bello vederla ora, per battaglie come questa, tutta la grinta e la determinazione che durante le campagne elettorali ha acceso l’animo delle persone. Purtroppo oggi questo fuoco a Gualdo si sente poco. Il che non significa ovviamente che non ci sia, e io sarei di certo il più felice di tutti se domani emergessero evidenze che smentiscono tutto il mio impianto argomentativo, ma questo letargico tempo d’attesa rende apatici. Mentre il futuro si avvicina e le opportunità che riempivano il tempo che ci separa da esso passano, è semplicemente scoraggiante pensare che non solo non stiamo lottando per avere di più, ma stiamo anche mollando la presa su quello che avevamo programmato. Come pure la residenza destinata ai percorsi di vita indipendente per persone con un basso grado di disabilità. Era costata cara questa opportunità a un’associazione del territorio, ma allo stesso tempo poteva costituire un’opportunità per altri. Scomparsa dai radar senza per altro esserci mai davvero entrata formalmente. E nel frattempo la zona sociale di Foligno ha pure aperto un bando dedicato, per strutture a Foligno e Gualdo Cattaneo.
Non voglio che queste mie argomentazioni vengano prese per gli ammonimenti dell’ennesimo moralizzatore – ce ne sono già fin troppi – ma per stimolare. Anche se per 5 anni sono stato all’opposizione dell’amministrazione Valentini non ho mai visto il senso del mio mandato nell’oppormi, quanto piuttosto nel rappresentare la minoranza con il fine di costruire. Anche con chi non la pensa come me. E a Gualdo Cattaneo c’è tanto da costruire. Perciò se domani tutto quello che scrivo dovesse rivelarsi sbagliato – perché potrebbe – sarei comunque felice perché a crescere sarebbe il nostro territorio, che è la cosa più importante per chi lo ama. Fino a quel momento però, visto lo scenario, si può solo sperare che il congelamento vissuto nel 2024 sia stata una conseguenza delle tante sconfortanti dinamiche elettorali e il 2025 sia l’anno del disgelo; l’aver superato la soglia di +1,5°C degli Accordi di Parigi almeno in questo potrebbe aiutarci.