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l’Anpi di Bevagna, sezione a cui i Gualdesi sono iscritti, si appresta a porre in essere in occasione del 80° anniversario della liberazione dell’Umbria alcune importanti iniziative. Su tutte ricordiamo la prima, quella del 14 aprile quando a Ponte Di Ferro, presso il Parco Acquarossa, si commemorerà la figura di Dante Bussotti, ucciso dai fascisti con un colpo di arma di fuoco in testa il giorno 8 aprile 1944 nella sua casa poco distante dal luogo in cui si svolgerà l’iniziativa.

In vista di queste occasioni e con l’avvicinarsi del 25 aprile possiamo leggere o rileggere Il Compagno di Cesare Pavese. È uno dei libri più celeberrimi di uno degli intellettuali più importanti della letteratura italiana del ‘900, romanzo breve che esce per la prima volta nel 1947 inaugurando la collana “I Coralli” di Einaudi, casa editrice con la quale lo scrittore collabora da molto tempo. Insieme a Il Carcere e La Casa in Collina fa parte di una serie di opere in cui parla di resistenza ed educazione politica e nello specifico, come affermato da Pavese stesso, Il Compagno cerca di indagare su “come i proletari e gli incolti maturassero alla vita e alla storia negli ultimi anni del fascismo”.

Pablo è un giovane che ama suonare la chitarra e fare baldoria, il fascismo e quello che succede intorno a lui poco lo interessa. L’impeto e la forza dei sentimenti che in giovane età è così potente ed amplificata, è tutta rivolta infatti verso l’amore per una ragazza. Dell’amico Amelio, ragazzo più grande e militante antifascista, rimane solo un ricordo che affiora raramente: la passione per la bella Linda, ex fidanzata del suo vecchio amico che lo abbandona dopo l’incidente in moto che rende paralitico, è incontrollabile e irrefrenabile.

Sullo sfondo di una Torino fredda e nebbiosa i due giovani passano le nottate tra osterie e locali da ballo, tra le amicizie altolocate di lei e spettacoli teatrali. La vena artistica di Pablo e la sua innata capacità di saper pizzicare con maestria le corde della chitarra, ben si sposa con le amicizie di Linda: Lubrani e Carletto, il primo direttore del teatro torinese, vicino al regime e il secondo attore gobbo vagamente antifascista.

Quando la donna che voleva sposare lo lascia, preferendolo al ricco direttore di teatro, Pablo si trasferisce a Roma convinto da Carletto e qui viene catturato dalla vitalità della città e dalla gioia di vivere dei romani: le serate di Trastevere e il clima della città, le locande, il calore e la vivacità dei romani, il mare che “pur distante si sente”, le osterie come luogo di ritrovo per famiglie e amici sembrano fatti apposta per guarire le ferite d’amor, per vivere una nuova felicità e per suonare la chitarra.  Pablo frequenta gli amici di Carletto e inizia ad interessarsi alle loro attività clandestine, trova lavoro come meccanico in un negozio di proprietà di Gina, vedova di cui si innamora.

Mentre la sua vita privata si mette a posto anche la sua coscienza matura, inizia a crescere in lui la voglia di saper e di conoscere: vuol capire cosa stia succedendo in Spagna con la Guerra e per questo inizia a leggere e a frequentare i “Rossi”, del resto i Compagni per lui sono i veri antifascisti, non come Carletto e i suoi amici del teatro di Roma pronti a far accordi con la stessa Borghesia che aveva portato il fascismo al potere.

In Pablo matura la “coscienza di classe” si impegna in prima persona con i comunisti, cerca di “seminare” tra gli avventori del negozio in cui lavora: operai stanchi del regime, ma comunque ancora indifferenti e disinteressati a ciò che accade intorno. Pablo finisce in carcere e dalla sua cella il pensiero più forte è per le domande che sarebbero arrivate e le risposte che avrebbe dovuto dare per non far beccare i compagni. La preoccupazione è più forte delle accuse e dopo pochi giorni tutto si risolve perché non era la sua rete e la sua militanza ad averlo portato in carcere, ma soltanto dei libri che possedeva e che lui dichiarò di non aver mai letto.

Il romanzo non è un racconto di resistenza come possiamo immaginarci: il fascismo e l’antifascismo, i comunisti e i compagni sono per lo più sullo sfondo. A farla da padrona non sono i gesti eroici e le battaglie, è la maturazione interiore di Pablo che nella sua spensieratezza e nel vivere quotidiano tra amore, lavoro ed amicizia comprende che va fatto qualcosa per cambiare il mondo nel quale vive.

Il termine Compagno è ormai desueto tra i militanti della sinistra e utilizzato con scherno da quelli di destra per etichettare personaggi della controparte che tutto sono fuorché compagni. Per rilanciare le idee del comunismo e del socialismo consegnate troppo presto alla storia, ma che ad oggi restano le uniche alternative al capitalismo e al liberismo che tanto male sta facendo al mondo, per ricostruire un senso d’appartenenza, per avvicinare tante persone che condividono lo stesso malessere e la stessa condizione, ma che si sentono soli ed abbandonati, dovremmo ritirare fuori dalla naftalina termini che sono ancora in grado di entrare nell’immaginario collettivo. Essere Compagni se in origine significava condividere il pane, oggi può esprimere la condivisione di un’idea e di una aspettativa: quella della costruzione di un mondo migliore e con più giustizia sociale.

Alessandro Placidi

Alessandro Placidi

Operaio metalmeccanico e attivista sindacale. Amo fare sport all'aria aperta e viaggiare zaino in spalla, m'interesso di politica nazionale e locale. Non possiamo fare a meno di giudicare l'oggi per costruire il futuro: analizzare i fatti che accadono sotto casa nostra per inserirli nel contesto del mondo in cui viviamo può aiutarci a creare, anche in un "territorio disperso" come il nostro, una coscienza comune per costruire un mondo con meno disuguaglianze, razzismo, inquinamento e sfruttamento.

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