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Non c’è stata praticamente nessuna testata giornalistica, dalle più grandi alle più piccole, che lo scorso 22 aprile non abbia dedicato un articolo alla Giornata Mondiale della Terra, “la più grande manifestazione per l’ambiente del pianeta” si legge spesso. Sembra quasi che il greenwashing (di cui abbiamo parlato qui) abbia invaso anche il mondo della stampa. Perché ad eccezione dell’arrivo della pioggia, sempre più attesa e sempre più preziosa, l’attenzione per le reali esigenze del nostro pianeta in questi giorni, sembra si stia dissolvendo. Travolta da più urgenti questioni di geopolitica che, pur nella loro inevitabile importanza, non leniscono minimamente la pressione umana sul sistema mondo, anzi, a quanto si vede, la stanno aggravando.

 

Tornando all’approccio della stampa, la distanza che separa la narrazione della prospettive ecologiste dalla dimensione concreta del loro sviluppo, è a tratti imbarazzante. Dalla ripresa immediata di sondaggi e trivellazioni per tornare ad estrarre il gas nell’Adriatico, all’inevitabile proroga nell’utilizzo delle centrali a carbone, tutto ci indica con estrema chiarezza che la cosiddetta transizione energetica verso modelli per ridurre l’impatto ambientale è ancora ben lontana. Questo possiamo dirlo senza timori perché la crisi del gas russo, chiarisce che pur passando dal carbone al metano – e quindi dimezzando le emissioni di CO2 a parità di produzione – di fatto si rimaneva all’interno di un sistema tutt’altro che prossimo al NetZero (cioè all’azzeramento delle emissioni) su cui tanti sembrano fantasticare. Questo significa che tutta la storia del Green New Deal sia da buttare? Niente affatto, semmai ci rende chiaro che non è tanto il metodo di approvvigionamento energetico che va cambiato, bensì il modo stesso di stare al mondo. Solo un considerevole ridimensionamento della società dei consumi potrà invertire la tendenza che gli ultimi report dell’IPCC hanno chiaramente evidenziato, ossia la chiara relazione tra il cambiamento climatico e le attività umane. E se non sarà la politica a guidare questa inevitabile de-escalation sociale, probabilmente sarà il clima stesso, con la sua ben più severa legge, ad imporcelo. Basti pensare che ad oggi, in agricoltura, non c’è più nessuna compagnia assicurativa disposta a coprire i danni da gelate tardive nei frutteti, tanto è alta la loro incidenza e di conseguenza, la probabilità di perdere intere produzioni a causa dell’estremizzazione degli eventi climatici.

 

I dati sono inequivocabili, ad ogni livello (molti ne potete trovare qui), soprattutto quello idrico, che in Italia sta attraversando una fase di crisi che dura dal febbraio 2021 e non mostra segni di cedimento. Basti pensare che il pluviometro regionale posizionato presso la stazione meteo di Giano dell’Umbria – per rimanere vicino al nostro territorio – lo scorso anno si è arrestato intorno ai 700 mm annui di pioggia, almeno 200 mm al di sotto della media e con il solo mese di gennaio che ne contava intorno ai 150. Scenario diffuso in tutta la regione e che probabilmente ha contribuito a spingere il Consiglio Regionale dell’Umbria a votare all’unanimità il documento Dichiarazione di emergenza climatica ed ambientale e azioni da intraprendere. Dimostrando, qualora ve ne fosse bisogno, che il rifiuto di approvare l’analoga mozione presentata al Consiglio Comunale di Gualdo Cattaneo nel dicembre del 2020 a causa del lessico “eccessivamente allarmista”, era una posizione politica. Come di mostra il fatto che, dopo averla emendata e svuotata del suo valore simbolico, è rimasta lettera morta, soprattutto l’impegno a formare una task force di esperti che si impegnassero a valutare interventi ecosistemici preventivi per le aree più a rischio dissesto del nostro territorio. Il tutto, mentre nei parchi pubblici del nostro comune cominciano a tornare le scomposte chiazze di erba ingiallita, segno di un probabile ricorso a qualche forma di disseccante. Pratica chiaramente vietata dal nostro regolamento comunale, nonché dal disciplinare di adesione alla rete Comuni Amici delle Api. 

 

Per fortuna che sempre più persone, dal basso, stanno lanciando segnali chiari ed inequivocabili su quale futuro vogliono per questo mondo, rimboccandosi le maniche. Come la maratona multimediale organizzata dall’Associazione Earth Day Italia con lo slogan #OnePeopleOnePlanet (qui il link della diretta), che in una carrellata di interventi e servizi lunga 12 ore, si sforza di raccontare come il nostro mondo stia cambiando e quante sono le persone che si stanno dando da fare per fare la differenza. O come i ragazzi di Plastic Free, che già lo scorso anno, anche a Gualdo, hanno dato prova che un mondo migliore non solo è possibile, ma ci sono un sacco di ragazzi che lo vogliono. Perché infondo, esempi ce ne sarebbero, il punto è capire se siamo davvero interessati a porci la domanda giusta per trovare la forza di seguirli: quando è stata l’ultima volta che ho fatto qualcosa per rendere questo mondo un posto migliore?

Andrea Cimarelli

Andrea Cimarelli

Andrea Cimarelli è laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Macerata. Coltiva, la terra per mestiere, l'amicizia per passione, se stesso per vocazione. Già redattore della rivista Ritiri Filosofici, osserva il mondo per comprenderlo e difenderlo. Collabora attivamente con l'hub Territorio e Ambiente della Rete di Civici Per l'Umbria. Favorevole a vaccini, matrimoni gay e 5g.

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