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Era il 17 aprile quando, attraverso i social, l’ex amministratore e dipendente Enel, Graziano Gentili, lanciava il Manifesto fondativo del Movimento Azione Ambientale Sviluppo Sostenibilità (MAASS) per provare a risvegliare i territori di Gualdo Cattaneo e Giano dell’Umbria, dal torpore in cui da tempo è scivolata la dimensione condivisa del confronto sui temi del presente. A distanza di qualche settimana, lo scorso 9 giugno, questo intento si è concretizzato in un primo incontro al centro sociale S. Gaspare di Bastardo. L’evento è stato molto partecipato, con il segretario organizzativo Gentili che dopo un appassionato intervento introduttivo, nei panni di moderatore ha stimolato alla partecipazione alcuni dei presenti in base agli ambiti d’interesse che rappresentavano, tenendo accesa la serata fino a tardi. Quello che resta da chiarire ora, è un po’ dare risposta alla domanda che in tanti, alla scoperta dell’iniziativa si sono posti: «ma che cos’è questo MAASS

 

Le chiavi di lettura sono almeno 2. Una di superficie, e una più in profondità.

Iniziando dalla prima, la natura del fenomeno MAASS è stata chiarita più volte nel corso della serata: un movimento fuori dagli schemi dell’interesse politico di partito che si propone di offrire uno spazio aperto per costruire posizioni su temi pubblici da sottoporre all’attenzione delle istituzioni. Non un progetto politico finalizzato a tentare una scalata per le prossime elezioni, non il tentativo di riportare in vita esperienze politiche che il tempo ha consegnato alla storia, non un comitato di cittadini che si riuniscono intorno ad una causa da difendere. Quello che si sta provando a costruire è piuttosto uno spazio di confronto all’interno del quale si possa tornare a parlare di questioni che sono inevitabilmente di carattere politico – tutto quello che inerisce la sfera della dimensione pubblica lo è e non potrebbe essere altrimenti – ma non per perseguire gli scopi particolari dello scontro tra fazioni del momento contingente, piuttosto per riattivare la partecipazione. Da qui anche la scelta delle tematiche da porre al centro dell’attenzione: difesa dell’ambiente, sviluppo per le future generazioni, rispetto dei diritti universali all’interno della dimensione repubblicana. Tutti argomenti estremamente trasversali che oltre ad offrire sfide estremamente complesse per il futuro prossimo e non solo, offrono l’occasione per tornare a fare qualcosa che tra pandemia e aridità culturale, da troppo tempo da queste parti non si faceva più: tornare a parlare. E l’intento, almeno da questo punto di vista, è parso sia stato più che centrato lo scorso 9 giugno, poiché dopo la rottura del ghiaccio iniziale, sono stati diversi gli interventi che si sono susseguiti, e vari gli argomenti affrontati. Il momento clou è stato senz’altro quello dedicato alle riflessioni sul futuro dell’ormai ex centrale Enel. Vuoi per i numerosi ex dipendenti presenti, vuoi per il peso che l’argomento porta con sé in aree che hanno sempre ruotato intorno a quella realtà, ben presto i toni si sono accesi ed è emersa tutta la frustrazione per la grande incertezza che ruota intorno al futuro dell’impianto. Con l’ipotesi idrogeno che si fa sempre più lontana, se non palesemente utopica – al bando regionale che assegnava i fondi per convertire ad idrogeno vecchi siti industriali in dismissione nessuno ha presentato offerte ed ora solo la formula dell’interesse nazionale potrebbe portare a concretizzare il progetto tramite fondi PNRR, ma onestamente, la cosa è davvero poco probabile – il timore di perdere un treno importante per rilanciare un’area da cui potrebbe passare un fetta importante del futuro di tutti da queste parti, c’è ed è più che legittimo. Soprattutto perché ad oggi le istituzioni locali si sono barricate dietro quella proposta progettuale della regione e non danno la sensazione di aver lavorato ad un piano B. Un ottimo punto di partenza dunque per MAASS su cui confrontarsi con le istituzioni. Oltre a questo sono emersi molti altri temi interessanti come quello di potenziare la capacità di gestire con prontezza e lungimiranza il torrente Puglia, che potrebbe essere oggetto di un contratto di fiume fra tutti i comuni che ne sono attraversati – anche per migliorare la capacità di contrastare il fenomeno dell’abbandono di rifiuti, soprattutto in plastica. Rifiuti che hanno trovato molto spazio nella discussione, dal tema dell’indifferenza per le “discariche abusive storiche”, alle inefficienze del servizio di raccolta; senza dimenticare la questione depuratori che presenta più di qualche ombra. Insomma, di materiale anche solo in questo primo incontro ne è stato prodotto molto, ora bisogna vedere se il movimento avrà la forza di continuare a portare avanti queste istanze. Perché è qui che inizia la parte più dura e che entra in gioco la seconda chiave di lettura del fenomeno MAASS.

 

La sua natura profonda infatti, è quella di esprimere il desiderio da parte di alcuni strati della popolazioni di aprire una frattura nel muro di gomma dello schema politico contemporaneo che, preoccupato solo di come autoalimentare se stesso, ha finito per escludere le persone dalla possibilità di partecipare. Elemento esemplificato in maniera inequivocabile dalla nostra legge elettorale, che attraverso il sistema delle liste bloccate, rende la scelta dei rappresentanti una dinamica totalmente interna agli accordi di partito, senza lasciare spazi per allargare la base del consenso e della partecipazione attiva a chi non è parte dell’establishment. Laddove il sistema partitico ha imparato anche a cannibalizzare le forme migliori del puro civismo, dalle sardine ai fridays for future, un fenomeno come MAASS chiarisce un punto: i partiti possono riuscire ad assimilare questa o quella forma particolare che emerge nel tessuto della partecipazione civica, ma non riescono a riportare all’interno della propria forma l’istinto a partecipare. Chi vuole partecipare cioè, non vuole più farlo attraverso le strutture ingessate e gerarchiche dei partiti, ma cerca spazi nuovi, più orizzontali. In questa ottica, non solo MAASS, ma anche la nascita della Federazione dei Civici Europei lo scorso 17 giugno a Roma, ossia l’unione attraverso un patto federativo dei tre macroaggregati di liste civiche di Sud, Centro e Nord che porta al centro del panorama politico non tanto i contenuti, quanto il modus operandi del mondo civico è un elemento da seguire con grande interesse. Perché se è vero che i contenuti possono variare in base agli interessi – non tutti possono reagire allo stesso modo su un rigassificatore o un inceneritore – è altrettanto vero che tutti noi abbiamo bisogno di un modo nuovo di costruire il percorso che porta alla scelta, perché l’unico vero prodotto della radicalizzazione su posizioni contrapposte per partito preso a cui abbiamo assistito negli ultimi anni, è stato l’allontanamento dei cittadini dalla politica. O peggio, alla sua stigmatizzazione come il grande male che grava sulla collettività. Se c’è una speranza di recuperare il grande bacino di persone che ormai da tempo si astengono dal partecipare, sicuramente la via dal basso costituisce lo stimolo più interessante. Se e come queste esperienze riusciranno a vincere la sfida, sarà molto interessante provare a vederlo, quello che è certo, è che se è di Futuro che vogliamo parlare, non è nel passato che troveremo le risposte che cerchiamo. Con buona pace di tutti i nostalgici dell’età dell’oro.

Andrea Cimarelli

Andrea Cimarelli

Andrea Cimarelli è laureato in Filosofia all'Università degli Studi di Macerata. Coltiva, la terra per mestiere, l'amicizia per passione, se stesso per vocazione. Già redattore della rivista Ritiri Filosofici, osserva il mondo per comprenderlo e difenderlo. Collabora attivamente con l'hub Territorio e Ambiente della Rete di Civici Per l'Umbria. Favorevole a vaccini, matrimoni gay e 5g.

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