Poche settimane fa si è svolto a Perugia il congresso provinciale di Rifondazione Comunista: un partito che non esiste più dal punto di vista elettorale e che a Gualdo è defunto da un pezzo nonostante non siano mancati, anche ad opera del sottoscritto, infruttuosi tentativi di rianimazione. Aggiungiamo che purtroppo quando molti anni fa c’erano i voti, Rifondazione a livello territoriale ha lasciato poche tracce di politiche “comuniste” o di sinistra e anche quello ha inciso al suo tramonto. Alleanza Verdi sinistra che ottiene buoni risultati elettorali a livello nazionale a Gualdo Cattaneo è residuale come consenso e inesistente a livello di attività politica (il partito semplicemente non esiste). Il Movimento Cinque Stelle sembra per ora solo un partito d’opinione. Abbiamo parlato in un recente articolo (qui) della costituente romana del nuovo corso ma da allora, come si evince dal sito del Movimento, ancora non si è costituito nessun gruppo territoriale nel nostro Comune. Il Partito Democratico vanta ancora iscritti e consistenza, i dati dell’ultimo congresso (qui) e delle ultime elezioni (qui ) smentiscono questa narrazione. La sensazione che si ha dal di fuori è che il Partito Democratico di Gualdo, anche al netto dell’impegno di qualche nuovo innesto, sia poco più di un “circoletto” di ex amministratori ed anziani del paese, anziani non soltanto per l’età media ma soprattutto per l’incapacità di lanciare idee nuove per il territorio e di fare attività politica costantemente e non solo a ridosso degli appuntamenti elettorali.
Anche il mondo dei civici, in cui spesso si rifugiano ex uomini di partito e che tutti chiamano all’appello al momento delle elezioni comunali, appare inconsistente. A loro si aggiungono i micro partiti del “grande centro e dei moderati” come renziani e calendiani che da noi hanno già avuto i loro attimi di gloria quando si nascondevano a sinistra e facevano politiche di destra. Anche i socialisti un tempo fortino di voti e preferenze appaiono estinti o alla meno peggio evoluti in nuove forme di vita.
Se a livello territoriale a sinistra e al centro ci si può aggrappare sul momento sfavorevole desta ancor più preoccupazione, riferendoci alla partecipazione, la situazione a destra.
Pochi giorni fa a Perugia è partita la campagna congressuale di Forza Italia e nell’elenco dei comuni non figura Gualdo Cattaneo, nemmeno insieme ad altri territori limitrofi.
Per quanto riguarda Fratelli d’Italia, vero mattatore alle ultime elezioni europee e con il vento in poppa dal punto di vista dei voti, la situazione è avvolta nel mistero. Non c’è traccia di dati sui congressi comunali o sugli iscritti in Umbria se si escludono le notizie su Perugia. Del resto un partito personale e familiare, esploso dal punto di vista del consenso nell’ultimo periodo, che lancia la campagna congressuale nei comuni a tredici anni dalla sua formazione non può vantare certamente il radicamento nei territori. La sensazione è che a Gualdo Cattaneo Fratelli D’Italia non esista come partito strutturato ma sia sostanzialmente un insieme di voti d’opinione con a capo i soliti o il solito capobastone.
La Lega di Salvini, un fugace amore estivo per tanti elettori, nel suo momento di massimo successo ha tentato di strutturarsi ma sembra essere ormai scomparsa: la sede di Bastardo è stata chiusa e non ci risulta nessuna attività politica da parte della sezione quattro borghi.
In pratica tra destre e sinistra zero sedi, un solo micro congresso quello del Pd con 16 votanti tra gli iscritti e 97 alle primarie aperte per l’elezione del segretario nazionale malgrado la grande attenzione mediatica. Un territorio senza partiti in cui non esistono altre forme di partecipazione e attivismo politico.
L’inconsistenza territoriale dei Partiti sembra riflettersi nel Consiglio Comunale, sfido chiunque ad accostare un partito ad un politico locale se si esclude il Sindaco Valentini apertamente schierato come membro di Forza Italia e la Consigliera Pensi molto attiva per il PD alle ultime regionali.
Tutto questo è probabilmente sintomo della società liquida per dirla alla Bauman, liquefazione che diventa volatilità del consenso con il continuo spostamento e migrazione di voti in politica, ma è anche prova di una totale apatia e rassegnazione nel territorio.
La sensazione è che qui ancora più che altrove si è convinti che a nulla serva impegnarsi in prima persona; non vi è da parte della popolazione alcuna voglia di costituire collettivamente il futuro e la politica non appare più come lo strumento di trasformazione della società, ma semplicemente il mezzo attraverso cui tutelare il proprio piccolo interesse particolare o la medaglietta da appendere alla giacca per dare lustro al proprio ego.
Siamo soliti valutare lo stato della nostra democrazia solamente all’indomani delle elezioni quando i dati sull’astensionismo inesorabilmente provano quanto distacco si sia creato tra popolo, corpo elettorale, politica ed istituzioni. Farlo “a bocce ferme” può risultare ancora più interessante. Del resto c’è una bella differenza tra essere un comitato elettorale, un insieme di persone che si uniscono a ridosso delle elezioni per spingere una persona o essere un partito, un movimento o un’associazione in grado di partorire idee e classe dirigente in grado di creare condizioni di sviluppo e rilanciare il territorio.
I periodi di crisi intesa come trasformazione e cambiamento portano sempre incertezza: gli uomini reagiscono a volte rifugiandosi nelle tradizioni, attraccando nel porto sicuro del passato piuttosto che affrontando le sfide del futuro. Altre volte il rifugio è l’indifferenza e la mancanza di partecipazione. Alexis de Toqueville politologo e sociologo francese dell’ottocento, colui da cui nasce il mito americano del self made man, indicava nell’indifferenza verso la cosa pubblica il primo rischio per la democrazia. Toqueville pensava che la società americana, che lui riteneva quella più democratica a cui l’Europa all’epoca doveva ispirarsi, fosse in grado di salvaguardare la democrazia grazie ad un forte livello di partecipazione e di associazionismo, una società in cui gli individui sono trasformati in cittadini che creano un’opinione pubblica indipendente dal potere politico, opinione pubblica in grado di esprimersi attraverso i giornali. Partendo dal pensiero di Toqueville e analizzando lo stato di conformismo dei mass media al potere politico non possiamo sicuramente dormire sonni tranquilli, e se in Italia la situazione non è bella quando si analizza una piccola realtà, penso al nostro territorio, la cosa è ancor peggiore.
La società civile che dovrebbe fornire l’humus per uno spirito critico è a dir poco intorpidita, le associazioni rivolgono la loro attenzione soprattutto allo svago e alle feste, l’opinione pubblica e il dibattito non esistono, i giovani se ne vanno e la politica sembra inconsistente. Arrestare il declino e salvare il nostro territorio non sarà cosa semplice, la partecipazione al dibattito politico è una questione di sopravvivenza oltre che di appartenenza, siamo in grado di ricostruire dal basso il nostro “spaccato di democrazia” o preferiamo rassegnarci al tracollo?
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